In un mondo in cui la comunicazione è diventata così molesta da farci sapere ogni giorno cosa stiano mangiando i nostri ex compagni delle elementari, è bello venire a conoscenza di un progetto come quello messo in piedi da Wilko Johnson e Roger Daltrey solo poche settimane prima della sua uscita.
È bello, innanzitutto, perché ci dimostra che per stupirci serva ancora davvero poco, nonostante il bombardamento giornaliero di notizie inutili e intenzionate a creare aspettative su prodotti che, a conti fatti, vengono forgiati per distruggere quelle stesse aspettative. Inoltre, non va sottovalutata la gioia nel risentire suonare con tanta energia un musicista che, più o meno un anno fa, aveva dichiarato di avere un male incurabile e di voler concludere la propria vita in giro per il mondo a esibirsi.
L’idea dell’album, tuttavia, non nasce durante il difficile momento di vita passato dal leggendario ex-chitarrista dei Dr Feelgood, ma alcuni anni prima, quando i due si ritrovano accanto durante una premiazione e si persero a parlare dell’epoca d’ora del British Rhythm & Blues: una notte in cui i musicisti si scoprirono entrambi grandi fan di Johnny Kidd & The Pirates, fonte d’ispirazione tanto per gli Who che per la band di Johnson. L’idea di un disco di cover della band, però tramontò poco dopo. Il destino, però, voleva che la collaborazione prendesse comunque vita: finito l’ultimo tour, Daltrey si presenta all’amico, ancora in grado di suonare e di dare vita a quel sogno. Nasce in questo modo Going Back Home, pubblicato addirittura per la storica Chess, l’etichetta di Chicago che rivive appositamente in occasione di questo album-evento.
Undici brani, quasi tutti tratti dal repertorio di Wilko, anche se non tutti presi dal canzoniere dei Dr. Feelgood, più lo splendido inedito Turned 21 e la dylaniana Can You Please Crawl Out Your Window. L’assenza di qualsiasi brano scritto da Daltrey mette ancora più in evidenza il fatto che l’album rappresenti un vero e proprio omaggio ad un musicista che, in vita, non ha mai potuto godere del successo che meritava e il cui nome, nel nostro paese, in molti nemmeno conoscono. Going Back Home è un album fresco, vitale e con un energia old school che commuove: All Through The City e Sneaking Suspicion sono l’inizio perfetto, con un Daltrey bluesy come non mai e le chitarre in primo piano, ma è solo con la title track, scritta da Johnson proprio insieme al chitarrista di Johnny Kidd & The Pirates, che il disco prende il volo e il cerchio del progetto in qualche modo si chiude.
Non stupisce nemmeno sapere che il tutto sia stato inciso in una sola settimana, tanto che sembra difficile immaginare un lasso di tempo per una manciata di pezzi che sembrano registrati dal vivo nel corso di una jam tra vecchi amici. Non era facile trovare i musicisti giusti per un progetto last minute come questo, quindi la scelta più logica era quella di chiamare due membri della touring band del chitarrista, il bassista dei Blockheads Norman Watt-Roy e il batterista Dylan Howe, oltre all’ex tastierista di Style Council e Dexys Mick Talbot. Per la salute di Johnson, purtroppo non ci sarà nessun lieto fine, ma per il ragazzino che vive ancora in lui e che all’università si perdeva ascoltando gli Who alla radio, un piccolo miracolo è già avvenuto: probabilmente non poteva esserci testamento più sincero e senza patetismi di questo.
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