La primavera è già nell’aria, il cielo si apre e gli strati si assottigliano. Fioriscono le uscite musicali e tra i fiori tardivi troviamo anche “Blossom”, il nuovo album del duo tedesco Milky Chance.
Clemens Rehbein e Philipp Dausch fanno la loro prima apparizione nel 2013 con “Sadnecessary” di cui “Stolen Dance” diventa portavoce, scalando le classifiche. A distanza di quattro anni dal disco che li ha portati alla ribalta, i Milky Chance tornano con quattordici tracce che sfidano e superano la soglia dei quaranta minuti, ultimamente banditi da ogni record sul mercato.
L’uscita del nuovo disco è stata seguita e infine anticipata da “Blossomentary”, il documentario interattivo che ha visto i Milky Chance registrare i nuovi pezzi in studio permettendo ai fan di scoprire l’album traccia per traccia e di farsi raccontare dalla band stessa il percorso che li ha condotti da “Sadnecessary” a “Blossom”.
Ad un primo ascolto sembra che il nuovo album sia la deviazione dei Milky Chance verso un mood totalmente diverso rispetto all’introspettivo “Sadnecessary”, ma immergendosi sotto la superficie, facendo attenzione alle parole, si scopre che “Blossom” non è che un bel vestito che Rehbein e Dausch indossano per coprire le proprie sfumature più cupe.
Se da una parte il folk elettronico dei Milky Chance si fa più maturo e spensierato, dall’altra i testi bilanciano l’insieme riportandoci con i piedi per terra. La chitarra acustica di Clemens Rehbein diventa protagonista e accompagna i beat di Philipp Daush rafforzando il sound che porta l’inequivocabile marchio della band tedesca.
Un’ombra passeggera, una parola impressa nella testa, un ricordo, sono gli elementi che forgiano le lyrics di “Blossom”, a partire dall’omonima traccia di apertura. “Ego” introduce il tema dell’amore e della lontananza dalla persona amata, seguita da pezzi come “Clouds” e “Cold Blue Rain”, dal sapore quasi blues. “Stay” è la perla nascosta al centro della tracklist: un brano acustico che sfiora il grunge, la potenza espressiva del binomio voce e chitarra acustica in quattro minuti che spezzano il disco a metà. La seconda parte di “Blossom” perde improvvisamente di carattere nonostante la presenza di brani di carattere come “Alive” e “Piano song” che però spengono la carica delle prime tracce.
Una nota di merito va attribuita agli arrangiamenti acustici contenuti nella versione deluxe di “Blossom”, capaci di tener testa alle loro versioni elettroniche confermando la capacità dei Milky Chance di lasciare il proprio marchio indipendentemente dal numero di strumenti coinvolti.
I Milky Chance fanno un passo più in là senza allontanarsi troppo: il risultato è un album variegato, figlio del tentativo di lasciare la propria zona di comfort. Quattordici tracce che entrano subito in testa, consolidando l’immagine sonora che i Milky Chance lasciano nelle orecchie fin dal primo ascolto.