Nine Inch Nails – Add Violence

Tutto è relativo, ogni dichiarazione per quanto prorompente è valutabile solo attraverso un contesto, ogni distanza da un punto di riferimento. Ogni colore è intenso o sbiadito accostato ad un altro, e così via. Se i Nine Inch Nails di Trent Reznor dichiarano con il nuovo EP “Add Violence” di aggiungere appunto violenza dobbiamo subito chiederci: a cosa? Al pop, all’elettronica, ad un mood che con il passare del tempo sta sempre più portandoli verso la produzione di manti sonori adatti all’accompagnamento di immagini filmiche.

Il curriculum di colonne sonore di successo si sta facendo sempre più corposo attraverso le collaborazioni con il regista David Fincher (addirittura un Oscar all’attivo) e il gruppo è ormai da considerarsi un dualismo Reznor/Atticus Ross. E’ auspicabile quindi un’evoluzione del sound e degli album che andrà verso la destrutturazione totale dell’impianto classico della raccolta di canzoni, sempre più orientato verso la costruzione di piccoli mondi sonori all’interno dei quali perdersi e ritrovarsi solo se ne abbiamo voglia, se veramente ne varrà la pena.

Nel caso di “Add Violence” siamo ancora in una situazione di intermezzo. I pezzi che si reggono da soli ci sono ancora, come la forzuta cavalcata synth pop che apre il disco “Less Than”, in cui Trent ancora dimostra di avere una delle sue molteplici virtù, in particolare quella di vestire la sua onnipresente distorsione e perversione sonora di ganci pop irresistibili, pompati a velocità inusuali per il genere, con il risultato di un brano che si aggancia immediatamente al substrato cerebrale e funge da perfetta apertura warm-up per il lavoro, che pur nella sua brevità di EP è un’esperienza completa e soddisfacente.

Perché subito la nuova verve da colonna sonora si esprime in “The Lovers”, dove il “Sottosopra” ci avvolge con il suo pulviscolo fluttuante e la luce imprigionata tra le ombre, la voce di Trent si fa melliflua e rimbalza in mezzo ad un ritmo elettronico e si ripete in una litania continua che trasporta il lamento del cantato che richiede accoglienza tra le braccia degli amanti.

Le atmosfere compassate continuano con la bellissima “This Isn’t The Place” e ancora ci troviamo dentro un’esperienza di proiezione onirica di immagini, che richiama alla mente la nostra enciclopedia filmica e nel particolare le colonne sonore firmate dal duo Reznor/Ross, come la bellissima “Millennium” o “Social Network”, un tappeto musicale nero con un cantato sofferto e oscuro che sale di intensità riempendo la nostra percezione musicale e che ci sconnette totalmente dalla realtà.

Cinque pezzi potrebbero sembrare pochi per farsi trasportare in un altro mondo, ma non per i Nine Inch Nails, che già al terzo paragrafo di questo capitolo discografico ci hanno totalmente catturato. E con “Not Anymore” arriva quella violenza annunciata in una sfuriata acida dove la voce di Trent esplode in tutta la sua ruvidezza che non è cambiata di una virgola negli anni.

La sensualità al limite dell’osceno che spesso trapela tra le note dei NIN fa capolino nell’ultima “The Background World” che ricorda molto la famigerata “Closer”. Con i suoi undici minuti ha il compito di portarci all’uscita lasciandoci con l’antipatico dovere di ripristinare i nostri freni inibitori andati in totale debacle. Se dovessi definire questo pezzo a chi nulla sa dei NIN, direi che è la perfetta colonna sonora di un porno girato all’inferno.

Successore di “Not The Actual Events” è sicuramente meno punk e meno intransigente, un capitolo di mezzo di una trilogia di EP che comporranno un’opera dal significato ancora oscuro. Sornione e furbo ma al tempo stesso disturbante come solo i Nine Inch Nails sanno essere, anche in uno degli episodi non ai vertici della loro ormai sconfinata produzione regala emozioni fortissime e un appagamento fisico che proviene dallo sporco e dai sensi più profondi e oscuri della nostra anima musicale.