Oranssi Pazuzu – Värähtelijä

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È ormai da tempo che il black metal ricerca nuove vie espressive, in grado di toglierlo dall’impasse stilistico nel quale si trova. Una stasi creativa, peraltro, piuttosto normale, se consideriamo che si parla di un genere vicinissimo alle tre decadi di esistenza. Già sul finire dei Novanta alcuni provarono a rimodellarlo per mezzo dell’elettronica, mentre altri si buttarono a capofitto nell’avant-garde tout court (perdendo però, progressivamente, ogni contatto con il modello originario). Negli ultimi anni molte band hanno optato, piuttosto, per strane ibridazioni con post rock, post metal e affini: prendendo spunto dalle atmosfere dilatate dal doom e dal folk degli Agalloch, o addirittura dallo shoegaze, act come Wolves In The Throne Room e Deafheaven sono riusciti nell’intento di presentare sonorità risapute in una veste inusitata. Finendo per creare una sorta di moda che, a lungo andare, ha anch’essa smarrito smalto e vigore.

I finlandesi Oranssi Pazuzu, invece, sono unici. Nel senso letterale del temine. Nel 2016 non esiste nessun’altro gruppo al quale possano essere accostati. In particolare, possiedono la straordinaria capacità di tenere insieme psichedelia e black metal con la più incredibile nonchalance, senza che nessuno dei due termini venga sottomesso all’altro. “Värähtelijä” è il loro quarto e più maturo album. Non è di facile ascolto, oltre ad essere parecchio lungo (quasi settanta minuti), ma una volta ottenuta la chiave d’accesso è altrettanto faticoso uscire dalle sue oscure ramificazioni germogliate per mezzo di acid rock sfigurato da scream e blast-beat, doom saturo di riverberi cosmico/ambientali e vere e proprie nenie sotterranee. È persino arduo fornire dei termini di paragone per un sound così originale. Alcune suggestioni potrebbero provenire dall’opener “Saturaatio”, che accosta digressioni d’organo e schizzi chitarristici degni di Iron Butterfly o Stooges, ma si potrebbero citare pure molti nomi oscuri usciti direttamente da qualche raccolta del primo garage rock psichedelico; oppure ancora dalla più violenta “Hypnotisoitu Viharukous”, che a una partenza in odore di Ufomammut fa seguire un assalto del più ferale black scandinavo. I 17 minuti di “Vasemman Käden Hierarkia” mostrano quale sforzo gli Oranssi Pazuzu siano riusciti a compiere per forgiare il loro stile: un calderone ribollente nel quale si agitano, deformate ma riconoscibili, le figure di Neurosis, Satyricon, Amon Düül II e Hawkwind, qua e là emergenti dal continuo fluire di spettri krautrock, doom, psych e altro ancora.

Non serve dire oltre, “Värähtelijä” è uno dei dischi essenziali dell’anno per chi bazzica il metal estremo.

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