Palisades – Erase the Pain
Come spesso accade, il tocco del producer Howard Benson tende a farsi sentire pesantemente. E il nuovo disco dei Palisades proprio per questo potrebbe vantarsi di far diretta concorrenza a dei mostri sacri del loro genere come gli Of Mice & Men. Ma il bello è che “Erase the Pain”, pur risultando più “cattivello” e heavy rispetto al precedente omonimo album, non perde l’impronta squisitamente “pop” da sempre fiore all’occhiello della band. Le carte in regola per sfondare i ragazzi del New Jersey ce le hanno, eccome, ma bisogna lavorare di lima sull’aspetto live (e parecchio) per essere davvero completi.
Coastlands – The Further Still
Se cercate un modo per disintossicarvi dall’abbuffata di musica natalizia che vostro malgrado vi siete dovuti sorbire durante le Feste, “The Further Still” è il migliore antidoto che mi viene consigliarvi. Il quarto full-length dei Coastlands è un viaggio strumentale che tutti gli amanti del “post” (rock e metal) non possono non apprezzare. E se vi piacciono gli sleepmakeswaves, adorerete questo album senza mezzi termini. Ciò che conta in “The Further Still” non è tanto la sostanza, quanto il mezzo con cui la si vuole convogliare. Uno strumento etereo e fumoso, ma al tempo stesso pulito e cristallino come la sua produzione.
Sithu Aye – Homebound
A due anni da “Set Course for Andromeda”, la one man band scozzese torna con un disco pieno zeppo di melodie accattivanti, che rimangono appiccicate in testa da subito peggio della colla a presa rapida. “Homebound” è un’opera variopinta, upbeat e spensierata, composta da brani della lunghezza giusta (una media di cinque minuti ciascuno) e dalle vibrazioni positive, che consentono anche a chi non mastica progcore strumentale come pane quotidiano di approcciarsi (e goderne) senza annoiarsi.
If I Were You – Inner Signals
Il quarto album in carriera degli If I Were You mi ha fatto pensare spesso e volentieri agli Asking Alexandria di qualche tempo fa. “Inner Signals” è quindi un lavoro electronic metalcore, con un buon numero di breakdown piazzati ad arte, costituito da pezzi per la maggior parte di presa immediata (ascoltate “Lost” o “Faithless”). Ma i Nostri, aggiungono al già sentito un tocco molto personale, che risiede nei testi intrisi di emozione e introspezione.
Sulphur Aeon – The Scythe of Cosmic Chaos
Sono passati circa tre anni da “Gateway to the Antisphere”, ma il tempo trascorso non ha di certo ammorbidito i Sulphur Aeon e la loro proposta. La melodic death metal band teutonica dedita al culto di Cthulhu e altri simpatici demoni di lovecraftiana memoria, ma anche e soprattutto ai riff monolitici e ai pestoni altrettanto importanti, rinforza la sua posizione nel panorama death con “The Scythe of Cosmic Chaos”, una terza fatica davvero degna di nota per gli aficionados del genere.