“Barabba” in apertura è un colpo basso. Un inizio dirompente, carico di energia e di ritmo così rende tutto più facile ma contemporaneamente può far travisare il contenuto di “Little Italy“. Potremmo infatti bollare subito l’album come un riuscitissimo disco da “centro sociale” e basta. E invece c’è dell’altro e fortunatamente è tanto altro, forse pure troppo altro. Ogni brano è un mondo a sé, con le sue influenze, i suoi temi e le sue peculiarità, in un certo senso avulso dal contesto, se un contesto ci fosse, di sicuro a mancare è la noia. Fra influenze balcaniche, latine, blues, rock, cantautorato e financo rumba si va avanti alla grande. Dovessi trovare un difetto a “Little Italy”, lo andrei a cercare nei testi che ogni tanto scadono un po’ nel luogo comune, ma è poca roba.
Stefano Di Noi
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