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Recitare in “Antichrist” di Lars Von Trier non dev’essere stato facile. E scampare ad un’emorragia cerebrale, dovuta ai postumi di un incidente occorsole mentre stava facendo sci d’acqua, è stato un incubo ben più reale per Charlotte. “IRM”, ossia tomografia a risonanza magnetica, ci ricorda il drammatico evento. Il terzo disco in oltre vent’anni di carriera, divisa fra cinema (molto) e musica (poca), nasce in un momento di vita tormentata per la figlia di Jane e Serge. In parte per questo, in parte grazie alla collaborazione con Beck Hansen, che produce e scrive gran parte dei pezzi insieme a Charlotte, “IRM” è probabilmente il miglior lavoro della cantante franco – inglese. La voce continua ad essere flebile sussurro, ma ben si adatta a un suono che sublima abilmente french pop, elettronica di matrice wave, percussioni tribali e aperture rock oriented. Da segnalare il battito cupo della title – track e la sghemba “Greenwich Mean Time”.