Il filone deathcore diventa sempre più piatto anno dopo anno. Estremizzare un concetto già ultra derivativo come il metalcore era sicuramente un modo per vivere poco, ma oramai band comunque giovanissime sono all’autocitazionismo: i Suicide Silence pubblicano “The Black Crown” e già al terzo album siam sempre allo stesso punto: gutturale a manetta, breakdown esasperati e noiosissimi, nonchè tatuaggi sul collo come Sykes ha insegnato come se piovesse. Gli unici motivi d’interesse (?) possono essere rintracciati nei duetti con Mullen dei Suffocation e Jon Davis dei Korn, per il resto un pezzo uguale all’altro con personalità inesistente. Certo, magliette e merchandise venderanno pure, ma la qualità della proposta è oramai agghiacciante.