Fin da “Better Place”, primo singolo estratto dall’album di debutto dei Saint Asonia, era ben chiaro che cosa ci si dovesse aspettare dal supergruppo capitanato dall’ex Three Days Grace Adam Gontier. Ma attenzione a definirli superband: come dichiarato dallo stesso frontman canadese, si tratta più di un gruppo di profughi che si sono ritrovati per caso condividendo la stessa vena creativa. Infatti il chitarrista Mike Mushok (Staind), il bassista Corey Lowery (Dark New Day e Eye Empire) e il batterista Rich Beddoe (Finger Eleven) hanno in comune con Gontier la stessa voglia di suonare e di produrre materiale di qualità, da ascrivere al calderone dell’alternative metal ma con un’impronta personale ben riconoscibile.
Sebbene Gontier sia stato in stand-by dal 2013, anno dello split dai Three Days Grace e di un timido quanto poco fortunato accenno di carriera solista, l’attesa di due anni è valsa ampiamente la pena: “Saint Asonia” è un disco fresco, piacevole ed immediato, che presenta quattro musicisti in ottima forma. Ma è anche un album pieno di rabbia appositamente malcelata, ed è questo che lo rende speciale. Nella già citata opener “Better Place” Gontier inizia a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, come suggeriscono le lyrics (non solo di questo pezzo) e certe atmosfere distorte (vedi “Blow Me Wide Open”). Uno degli episodi più interessanti, vuoi perché legato alle vicende personali e professionali di Gontier e vuoi per il ritmo hardrock super catchy, è “Let Me Live My Life”, così come degna di nota è “Even Though I Say”, leggermente più pensosa ma orecchiabile tanto da rimanere incollata addosso da subito. “Fairy Tale” è un bell’esempio dell’anima cattiva che si cela dietro anche le parti migliori della nostra esistenza, e dei finali amari che ne possono scaturire. Non manca neanche una piacevole ninna nanna, “Waste My Time”, incentrata su voce e chitarra acustica, alle quali si aggiungono con delicatezza basso, batteria e una timida elettrica. Il coretto di “Dying Slowly” vince tutto, trasmettendo una carica di energia ed adrenalina incredibile, per finire con la più morbida “Leaving Minnesota”, un sing-along da abbraccio collettivo.
I Saint Asonia non sono il tipico supergruppo posticcio destinato a brillare per un disco, un tour o poco più, ma hanno tutte le carte in regola per rimanere negli anni. E soprattutto, gli estimatori di Gontier potranno finalmente smetterla di disperarsi pensando ai bei tempi andati.