Senses Fail – If There is Light, it Will Find You
Un lavoro nostalgico ma che affronta tematiche attuali. “If There is Light, it Will Find You” è quanto di più vicino a “Let It Unfold You” (debutto-gioiellino del 2004), ma nonostante si tratti di un evidente tributo ai fasti passati del pop-punk/emo/post-hardcore (anche i titoli sono dannatamente primi 2000, vedi “You Get So Alone At Times That It Just Makes Sense”), sono proprio le lyrics, intense ed autobiografiche, la vera forza motrice dell’ultima opera dei Senses Fail, rendendola contemporanea senza correre il rischio di inciampare nel datato. Se siete stati adolescenti in quel periodo, la adorerete all’istante.
Harakiri For The Sky – Arson
C’è chi il post-black metal lo interpreta declinandolo con influenze shoegaze o ambient. E poi ci sono gli Harakiri For The Sky, che a tutto questo aggiungono anche una trascinante energia dal carattere rock, seppur sempre sporcata da quel velo di tristezza che ci fa impazzire. Il quarto full-length dell’eclettico duo è un viaggio emozionale in ciascuna di queste sonorità, amalgamate in un flusso che ormai è diventato il trademark dei Nostri, ma che a chi non mastica il genere, può risultare alla lunga monotono. C’è da dire che nel sottobosco post-black (sempre più affollato), gli HFTS con “Arson” si confermano saldi ai vertici assoluti.
Feed The Rhino – The Silence
Sembravano finiti nel 2015, ma ecco che i Feed The Rhino decidono di rimettersi in gioco con questo quarto album, “The Silence”. E noi non possiamo che gioirne. Il loro post-hardcore metallizzato (venato a tratti di influenze post-grunge) non teme di addentrarsi nel mainstream, ed è proprio questa la forza della band made in UK, oltre che un sapiente equilibrio tra caos e melodia (“Featherweight”), atmosfere più pacate (“Losing Ground”), groove (“Nerve Of A Sinister Killer”) e sing-along istantaneo (“Fences”), senza mai perderci in intensità. Cosa volete di più dalla vita?
Loathe & Holding Absence – This Is as One
Due pezzi a testa, due band completamente diverse (messe insieme solo per promo). Ma specchio veritiero dell’evoluzione attuale del metallo contemporaneo. I Loathe, che abbiamo già conosciuto e apprezzato nel 2016 con “The Cold Sun”, continuano a proporre con convinzione e coerenza anche in questo split il loro metalcore dalle tinte fosche ma accessibilissime. Gli ancora più giovani Holding Absence invece rappresentano l’altra metà della mela, ovvero quel modern metalcore di cui vi parlerò tra poco a proposito dei For The Fallen Dreams.
For The Fallen Dreams – Six
Eccoci di nuovo alle prese con il modern metalcore. Ricapitolando: prendete un po’ di hopecore, un pizzico di hardcore alla Stick To Your Guns, corettoni e synth alla Bring Me The Horizon e condite il tutto con abbondanti dosi di motivational metal (ah-ah) e avrete il quadro completo. Non vi basta? Allora ascoltatevi il nuovo (e sesto!) disco dei For The Fallen Dreams, che offrono una buona summa di ciò che è diventato il metalcore nel 2018. Il quintetto del Michigan sa bene il fatto suo e furbescamente, pur senza reinventare nulla e anzi, crogiolandosi in quanto descritto sopra, butta fuori un lavoro che vi rimarrà nelle orecchie a lungo.
Slaves – Beautiful Death
Se mi dovessero chiedere di descrivere “Beautiful Death” degli Slaves in poche parole, risponderei “rapporto tra vita e morte narrato a suon di Biebercore” (per chi non ricordasse, quel genere che raccoglie le caratteristiche più pop dell’ alternative rock, post-rock, post-hardcore e un po’ di pepe R&B). Ma a differenza di molti act simili, qui abbiamo un vero e proprio jolly, ovvero il frontman Jonny Craig (ex Dance Gavin Dance, Emarosa, Ghost Runner on Third), in grado di infondere personalità a un album che altrimenti si sarebbe perso come una goccia in un oceano di lavori tanto alla moda quanto fatti con lo stampino.
Traitors – Anger Issues
Problemi di rabbia incontrollata? Allora ascoltate questo fulminante EP dei Traitors, anziché prendere a pugni i muri. Poche storie, zero sbattimenti: in “Anger Issue” si va diretti al punto. Un onestissimo deathcore, con influenze nu metal, concentrato in circa venti minuti di disco. Un’ottima occasione (per gli estimatori del genere, ovvio) per rispolverare la discografia di questi ragazzi della Florida. Niente di nuovo sotto il sole, ok, ma almeno, ripeto, la smetterete di farvi del male.
American Nightmare – American Nightmare
Un nuovo inizio per i bostoniani American Nightmare. Scioltisi nel 2004, riformatisi nel 2011, dopo un lungo iato che fino ad oggi non aveva portato frutti i Nostri tornano a far sentire la propria voce con questo omonimo disco. Hardcore (punk) con tanto groove condensato in venti minuti di dischi che passano tanto veloci quanto venti secondi. Vi aspettavate qualcosa di più dagli American Nightmare dopo tutto questo silenzio? Mi dispiace per voi, ma that’s hardcore, baby.
The Plot In You – Dispose
Album della svolta questo quarto full-length dei The Plot In You, che virano bruscamente dal metalcore al quale ci hanno abituati fin dal debutto del 2011 a sonorità alla Thirty Seconds To Mars (prima che si votassero anima e corpo all’elettropop). Una scelta coraggiosa e che denota voglia di crescere, ma che in tutta onestà, non so quanto possa pagare. I synth, i corettoni contagiosi e le atmosfere patinatine e malinconiche sicuramente attireranno qualche curioso in più nella fanbase del quartetto, ma ne avevamo davvero bisogno? Forse no.
Cypecore – The Alliance
Solo a leggere la bio dei Cypecore sul loro sito ufficiale si ride mezzora. A guardare il video di “Dissatisfactory” poi, si implode del tutto. Che dire, è indubbio che la band tedesca metta di buon umore, se non altro per un tre o quattro pezzi (a patto che vi piaccia l’umorismo teutonico). Ma non penso che forse l’intento del quintetto mascherato, che ci crede davvero tantissimo. “The Alliance” è una sbrodolata melodeath con inserti industrial, che si ripete all’infinito per circa un’ora di running time. Se volete saperne di più sicuramente li troverete su qualche palco sfigato al Wacken.