The Heavy Countdown #17: Seylen, Ruined Families, Charred Walls Of The Damned

seylen-gray

1
Seylen. – Gray
Un disco clamoroso quello dei Seylen. “Gray” coniuga diversi influssi prog-djent, richiamando a più riprese le soluzioni già messe in mostra da Hypno5e e Gojira. Le sorprendenti apertura melodiche e le clean vocal che farciscono pezzi tutt’altro che scontati, risultano essere a lungo andare l’asso nella manica del combo francese. Per palati esigenti e sconsigliato a chi ha apprezzato le semplificazioni di “Magma” dei già citati colleghi transalpini. (j.c.)

2
Ruined Families – Education
Il secondo album degli ateniesi Ruined Families, “Education”, è quanto di più appetitoso si possa aspettare un fan di quella vena post-hardcore blackeggiante e con ampie dose di screamo. “Education” presenta una varietà e profondità atipica per il genere, con testi impegnati e ragionati. Breve, troppo breve, ma da riascoltare on repeat. Soprattutto pezzi come la straordinaria “Image of an Image”. (c.b.)

3
Green Bastard – Pyre
Su diversi siti esteri, c’è chi incensa il debutto dei Green Bastard e chi li blasta perchè non sanno nemmeno andare a tempo. Personalmente credo che questa lunga jam session (3 pezzi per 45 minuti di disco) all’insegna dello stoner/doom più elementare e distorto possibile non sia male. Sebbene ci sia molto di meglio là fuori, la loro ingenuità e voglia di divertirsi a suonare è palese, e traspare dai solchi di un album fatto proprio per il gusto di farlo. Da aperitivo e per occasioni ktisch con gente calva e con le toppe sul giubotto. (p.s.)

4
Ion Dissonance – Cast The First Stone
Sei anni dopo l’ultima release, gli Ion Dissonance riprovano a imporsi su un mercato che vede la concorrenza di Meshuggah e Dillinger Escape Plan. Ha senso? No non ne ha. Specie se non hai più molto da dire o se non riesci a incidere un disco come quello dei Car Bomb. I ragazzi suonano in modo assurdo capiamoci, ma i tempi di Catch 33 sono passati da tempo. La loro proposta potrà convincere i puristi ma non molti altri. Peccato. (p.s.)

5
Kansas – The Prelude Implicit
Quindicesimo disco da studio per i Kansas, una delle formazioni maggiormente influenti per il prog rock settantiano. La band non pubblicava nuovo materiale da 16 anni, era quindi palpabile l’attesa per gli aficionados, specialmente quelli che non vedevano l’ora di gettare fango su un gruppo che ha perso Steve Walsh, ovvero la voce principale del combo. Il risultato farà felice i nostalgici, essendo questo un album che gioca abbastanza sul sicuro, grazie anche a una prestazione all’altezza di Ronnie Platt, reclutato dai veterani Rich Williams e Phil Ehart per posizionarsi dietro al microfono. Senza infamia e senza lode insomma, come d’altra parte spesso succede con i comeback di formazioni che hanno dato il loro meglio oramai diverso tempo fa. (p.s.)

6
Half Hearted – Terrified EP
Parafrasando il loro stesso moniker, gli Half Hearted, al momento, non sono né carne né pesce. Insomma, un mezzo e mezzo, intrappolato in quel limbo tra timida violenza e simpatie pop. Il post hardcore dei Nostri è assolutamente orecchiabile, per carità (vedi la opener “Storm Chaser”, o il singolo “Ghosts”) ma innocuo. Ci vuole coraggio, perché la base c’è. Ma dovrebbero dedicarsi a fare quello in cui sono bravi, ovvero alternative melodico, abbandonando le velleità heavy. C’è da dire che tenendo il piede in due scarpe avranno sicuramente successo, o se non altro il loro seguito. (c.b.)

7
Within Sight – From the Heart
Non fraintendetemi: a me il metalcore sbarazzino fa impazzire, e quindi non possono che starmi simpatici questi Within Sight. E anche la copertina di “From the Heart” mi ha intrigato fin da subito. Ma quando guardando il video di “Left Me For Dead” ho capito che i ragazzi di Vancouver probabilmente aspirano a diventare la cover band ufficiale dei Bullet For My Valentine, mi è passata la poesia. Così come ascoltando pezzi smaccatamente pop punk (tipo la titletrack) di moda quando ero giovane io. Ovvero tanti anni fa. (c.b.)

8
Charred Walls Of The Damned – Creatures Watching Over the Dead
Tu leggi Richard Christy, Steve DiGiorgio, Jason Suecof e Tim Owens e dici vabbè sarà la stessa roba dei due dischi prima. E infatti è la stessa roba. Per carità i quattro san tutti suonare (e cantare) bene ma il problema è tirar fuori delle canzoni belle. E tolte le eccezioni di The Soulless e Reach Into The Light, il resto sono solo esercizietti (per gente come loro) che richiama i Priest e l’heavy classico. Solo per perditempo. (j.c.)

9
Hansen & Friends – XXX-Three Decades in Metal
Non pago dei leggendari dischi fatti con gli Helloween e con quelli buoni (almeno fino al nuovo millennio) incisi coi Gamma Ray, Kai Hansen mette su disco una serie di collaborazioni con altri luminari della scena heavy/power, buona per i pub dedicati ai metallari quarantenni. Oppure per il solito slot al Wacken e festival affini. Divertente qua e là (p.es. Stranger In Time e Follow The Sun sono forse gli highlight del disco), noioso altrove. (j.c.)

10
Dee Snider – We Are the Ones
Che Dee sia una delle icone di un certo tipo di musica dura e che dal vivo disintegri ancora tonnellate di chiappe non è in discussione. In questo album, il frontman dei Twisted Sister si diverte a mettersi alla prova con alcune sonorità che non proprio gli appartengono (cfr. Rule The World o Superhero). Il risultato è abbastanza triste, inclusa la piano cover di uno dei suoi mega-inni. Il resto è innocuo. (j.c.)

Lascia un commento