Gli Shinedown erano uno dei gruppi più promettenti del rock commerciale americano e Brent Smith avrebbe ancora tutte le carte in regola per essere uno dei frontman più in voga del momento. Certo, ultra derivativi. Praticamente sono saliti sul trampolino della scena musicale di fine millennio e non hanno mai offerto nulla di nuovo. Eppure già dai primi lavori, “Leave a Whisper”, “Us and Them” e “Sound Of Madness” avevano mostrato tantissima energia, un buon songwriting e tanti pezzi di buona fattura, fino ad “Amaryllis”, dove hanno trovato una perfetta calibratura tra pezzi tirati, ballatone e canzoni da rotazione estrema in radio. Con questo “Threat to Survive”, invece, il tonfo.
Si cimentano in una di quelle rare imprese in cui un gruppo riesce incredibilmente a scontentare tutti, ma proprio tutti. Non c’è energia, non ci sono idee. Non c’è un pezzo che possa andare bene per le radio, non uno che accontenti la frangia più heavy del loro seguito, ma nemmeno una ballad degna di questo nome.
Nemmeno con infinita immaginazione si riesce a capire quale strada vogliano percorrere con pezzi come l’apertura di “Asking for it”, “Outcast” o la chiusura “Misfits”, mentre inorridisce l’esperimento Timbalandiano di “Thick As Thieves”. Solo nella dignitosa “Black Cadillac” e nel primo estratto “Cut The Cord” si riconosce una seppur pallida rimembranza degli Shinedown che conoscevamo e che si erano fatti apprezzare.
Non resta che accantonare questo album e aspettare che un miracolo li faccia rinsavire per eventuali lavori futuri, o che in sede live questi pezzi assumano magicamente una veste più presentabile.