“This is Acting” è il settimo album della cantante australiana Sia Furler, che tutti conosciamo semplicemente come Sia e di cui abbiamo imparato a riconoscere i parrucconi biondi sotto cui cela la propria identità. Sia è da tempo un’istituzione nel panorama del songwriting da classifica: i suoi pezzi sono stati interpretati da popstar internazionali quali Beyoncé, Katy Perry e Rihanna.
La particolarità di “This is Acting” è l’essere un raccoglitore di canzoni pensate per altri artisti e scartate da questi ultimi. Ad esempio “Bird Set Free”, brano di apertura, viene scritto per essere parte della tracklist di “25”, l’ultima uscita della britannica Adele: il piano accompagna la voce vigorosa di Sia, il ritmo è scandito dalle percussioni di un rullante quasi militaresco. La vera recitazione arriva con la seconda traccia, “Alive”, primo singolo dell’album anch’esso rifiutato da Adele. È qui che Sia si cala davvero nella parte in tutto e per tutto, replicando non solo la voce ma anche il carattere della cantante inglese, oltre al ritmo incalzante che ci ricorda alla lontana “Rolling in the Deep”. “One Million Bullets” è l’eccezione, la canzone che Sia ha scritto per sé, caratterizzata dal suono dominante del piano unito a beat dal sapore eighties. Passaggio traumatico a “Move your body”, pezzo da dancefloor realizzato per Shakira. E si sente. Ti fa immaginare Sia dimenarsi come l’esuberante colombiana, di cui sembra imitarne la voce profonda. “Cheap Thrills”, pensata per “ANTI” di Rihanna, è lo specchio di “Chandelier”: una canzone sul ridursi malissimo il venerdì sera, tra tacchi alti e trucco sbavato. Così come “Cheap Thrills”, anche la seguente orecchiabile “Reaper” viene scritta a quattro mani con Kanye West per la nuova release della popstar delle Barbados.
Altro trauma al momento “Sweet Design”, con un sound che calzerebbe a pennello a Justin Timberlake: la voce di Sia cambia in modo radicale volando verso scale più alte che la snaturano completamente.
Che dire. “This is acting” è un album concettualmente interessante, una mossa azzardata che richiede di andare un po’ più a fondo per capirlo appieno, cercando di andare oltre all’idea che si possa trattare di una raccolta di brani non voluti, raccolti e messi insieme alla rinfusa per mettere in piedi un’uscita musicale.
Si tratta di una release molto più pop di “1000 Forms of Fear”, a partire dai testi che mantengono sempre una certa superficialità indipendentemente dal tema trattato.
L’interpretazione di Sia è disorientante, si divide tra il voler essere se stessa e l’interpretare personaggi diversi e questo rende l’album incostante, facendo di questi brani rifiutati l’unico filo conduttore della tracklist. Questo approccio, per quanto curioso, rende l’insieme più impersonale rispetto all’ultima release di Sia, che lascia più spazio alla cantante australiana e alla sua personalità, senza alcun bisogno di recitare.