“Are You Satisfied?” è l’album d’esordio degli Slaves, band composta da due ventenni provenienti dal Kent che si sono posti come missione divina la destabilizzazione della scena alternativa britannica.
I due ragazzi si chiamano Isaac Holman e Laurie Vincent: il primo è voce solista e batteria (anche se non si tratta di un drum-set completo, è più una serie di tamburi), il secondo si occupa di chitarra e cori.
La loro musica è impossibile da etichettare: l’approccio è tipico del punk, di quello più sano e genuino, i brani sono basati su riff distorti ad assimilazione immediata, che sembrano abbracciare l’hard rock, il cantato è volutamente sporco, le melodie sono semplici e ripetitive, i testi sono ad alto contenuto di ironia (ed autoironia) e disillusione, le atmosfere variano dal garage al noise rock, sconfinando di tanto in tanto nella psichedelia.
La miscela di questi generi e stili è avvenuta però in modo spontaneo e la cosa ha reso il tutto molto naturale.
Quasi tutti i brani seguono le caratteristiche sopraelencate, in alcuni casi i ritmi sono più tranquilli, come ad esempio in “The Hunter”, mentre in “Cheer Up London”, ultimo singolo estratto, la velocità non elevata non impedisce alla canzone di risultare travolgente.
“Feed the Mantaray” è l’esaltazione massima del loro stile, con i valori di tutte le skill care alla band che sfiorano il 100%, e per questo motivo potrebbe essere individuato come il brano migliore dell’album, assieme all’esplosiva “Do Something”, mentre tra i brani velocissimi i più degni di nota (non che gli altri non lo siano) sono “Hey” e “Socket”. C’è spazio anche per un pezzo acustico, la title-track “Are You Satisfied?”, posizionata a metà giusto per togliere uno dei pochi punti di riferimento all’ascoltatore, mentre la canzone conclusiva, “Sugar Coated Bitter Truth”, è il momento più intenso del disco, quasi riflessivo.
Con questo primo album gli Slaves entrano nel mercato discografico sfondando la porta principale, ciò che va capito è se saranno accolti come eroi e liberatori o come pericolosi nemici.
L’unica certezza è che con loro non ci sono certezze, si sono ritagliati uno stile coraggioso che sanno affrontare in modo efficace, e sanno giocare con la loro immagine (non ricalcano proprio i canoni di bellezza occidentali, e sfruttano la cosa a loro favore con grande autoironia), ma fare previsioni sugli sviluppi della loro carriera è azzardato. Intanto ci sono due ventenni che non hanno paura, una fanbase che è in crescita e un album che farà parlare di sé.