Soundgarden – Ultramega OK (Expanded Reissue)

Il grigiore di Seattle della metà degli anni ’80 si erge come ultimo bastione al glam coatto e superficiale di cui il metal si era vestito e di cui la nuova generazione non ne poteva più. Di lì a qualche anno sarebbe stato spazzato via tutto con la dirompenza di un tornado, e le prime gemme germogliavano nel circuito underground di cui l’etichetta Sub Pop era alfiere e promotore. La versione Expanded Reissue di “Ultramega OK” dei Soundgarden è una finestra che affaccia in questo momento storico, agli inizi di un cammino progressivo di crescita vertiginosa praticamente costante della band che ha il suo termine nel 1996 con l’uscita di “Down On The Upside”, seguito della loro punta artistica più alta, quel “Superunknown” contenitore di classici del rock quali “Black Hole Sun” e “Spoonman”.

Ora i Soundgarden dopo l’uscita del disco post reunion “King Animal” del 2012 sono di nuovo in corsa, protagonisti di un tour estivo che li vedrà girare l’ America come headliner in vari festival, e in attesa del nuovo lavoro di studio previsto per fine anno stanno approntando una rivisitazione nostalgica dei loro dischi significativi che stanno tutti solcando il giro di boa del ventennio di vita.

Dopo le riedizioni ricche di perle inedite e caratterizzate da un suono più moderno e pieno di due mostri sacri come “Superunknown” prima e “Badmotorfinger” dopo, i Soundgarden continuano la loro retrospettiva arrivando ad aprire il sarcofago che racchiude le vestigia di “Ultramega OK”, che dopo la coppia di Ep Fopp-Screaming Life contribuiva a fissare la base di partenza del razzo che avrebbe segnato la storia del grunge nei successivi 15 anni.

Era il 1988 e tra tutte le band che sarebbero esplose nel decennio successivo a Seattle, i Soundgarden (Insieme a Green River, Mudhoney e Screaming Trees tra gli altri) avevano già sulle spalle una lunga e attivissima carriera live sui palchi che li aveva visti approdare anche nel nostro paese, in un concerto chicca per pochi intimi a Bologna. Perno centrale della produzione artistica dei Soundgarden e anima vera della band era allora come adesso Chris Cornell, autore principale di testi e della musica, figura impareggiabile per qualità tecniche e talento vocale, padrone indiscusso dei palchi che calca, obliviando qualsiasi altro elemento presente, un generatore di energia e potenza e deus ex machina delle sorti del gruppo.

“Ultramega OK” è un album seminale che contiene le linee di demarcazione dell’identità e del suono dei Soundgarden, che negli anni prenderanno direzioni incredibili e inaspettate, sempre attestate su livelli qualitativi pazzeschi, con il susseguirsi di album di enorme successo sia di pubblico che di critica, rinnovandosi sempre ma rimanendo sempre fedeli a se stessi. Agli inizi della loro carriera i Soundgarden erano soprannominati i “Led-Sabbath”, e riscoprendo le note ristrutturate di questi 13 pezzi (più sei bonus) si intuisce chiaramente il motivo. I riff, per cominciare, sono un esplicito tributo a quelli di Toni Iommi, così cupi e compressi, spesso lenti e cadenzati come quelli di “Flower” o “Beyond The Wheel”, mentre la voce di Cornell può fare qualsiasi cosa visitando piani di estensione vocale che dagli inferi raggiungono il cielo senza saltare nessuno stato intermedio.

Il senso di queste riedizioni è quello di portare per mano i fan nuovi in un viaggio memorabilia alla scoperta del cammino della band verso lo stato attuale, cosa ha vissuto e ha fatto vivere ai suoi fan. Per chi li segue con passione da sempre l’occasione è quella di dare freschezza all’ascolto dei suoi album del cuore, con volumi e mixaggi moderni che consentono di godersi cose che non ci sono più, come la voce incredibile di Chris Cornell che con gli anni è diventata qualcos’altro. La possibilità leggermente disarmante di sentire un suono stilisticamente vecchio con la tecnologia produttiva di adesso, e la raggelante consapevolezza conseguente che non si sia fatto chissà quale balzo in avanti. Il tutto condito dalla possibilità di arricchire i propri scaffali di collezionisti di oggetti francamente appetibili come vinili, doppie edizioni, poster e quant’altro.

Come suona questo “Ultramega OK” nel 2017? Ricordiamo, qualora ce ne fosse bisogno, che l’opera di restiling di questi album non consiste nel rimetterlo in produzione in catena di montaggio con una copertina rivisitata e aggiungendo qualche versione inedita ripescata da qualche polveroso cassetto. È vero, il materiale è già presente senza bisogno di creare nuova musica e senza il rischio di buchi neri di creatività o aspettative di qualità da mantenere, ma per il resto è un lavoro di produzione come sempre, perché un produttore (in questo caso Jack Endino) deve riprendersi i master di tutte le linee uniche di voce e strumenti e remixarle secondo una linea musicale che deve avere un intento ben preciso condiviso dalla band. Questo intento è pulire e amplificare il suono dei vari elementi in gioco di “Ultramega OK”, rendendo l’ascolto del disco inedito per i suoi fan.

“Ultramega OK” è un album grezzo e acerbo, nel quale i Soundgarden intraprendono una miriade di strade lasciandole improvvisamente tutte, un vagare impazzito che lascia disorientati ma con la consapevolezza dell’enorme potenza che il motore della band può esprimere. Alcune sfuriate come “Head Injury” o “Nazi Driver” lasciano intontiti dalla furia che sprigionano, i tributi ai Sabbath come “Incessant Mace” lasciano presagire che oltre alla potenza i Soundgarden siano in grado di esprimere in sede di scrittura sfaccettature inimmaginabili che toccano il blues fino ad arrivare al punk più acido.

Metal, punk, blues al livello massimo di potenza e velocità, questi sono i Soundgarden di fine anni ’80, con l’allora bassista Hiro Yamamoto, poi sostituito da Ben Shepard, e questa edizione allungata consente di goderseli e capirli a fondo, grazie anche ai bonus di fine disco, versioni ancora più grezze e accennate di quelle originali  su cui spicca il vero capolavoro di questo album, la “Beyond The Wheel” che sembra un saggio vocale di Chris Cornell che partendo da un mood cupo e basso, fangoso, sale progressivamente fino a vette di potenza disumana sopra un riff macigno di Kim Thayil.

A differenza delle edizioni rivisitate di “Badmotorfinger” e “Superunknown”, chicca per i fan ma occasione imperdibile anche per tutti gli altri cultori del rock per approcciarsi al suono dei Soundgarden, man mano che si retrocede nella carriera del gruppo le reissues si fanno sempre più elitarie, per chi alla band è affezionato. Per loro, questo è un oggetto e uno scrigno luminoso per ridare vita a un prodotto che originariamente era troppo piatto e scolorito, con i vinili e foto inedite dell’iconico fotografo Chris Petersen. Per tutti gli altri ascoltatori estemporanei potrebbe risultare uno schiaffo in faccia che lascia storditi e ignari della direzione dalla quale è partita la mano. In tutti i casi, è un album da ascoltare rigorosamente a volumi illegali.