The Fratellis – Eyes Wide, Tongue Tied

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Dopo la reunion e la pubblicazione nel 2013 di “Magic and Medicine”, la storia discografica dei The Fratellis giunge al quarto capitolo, con “Eyes Wide, Tongue Tied”; la produzione è stata affidata a Tony Hoffer, che curò anche quella dell’esplosivo esordio “Costello Music“.

Anche per questo lavoro il gruppo di Glasgow non abbandona il proprio sound, cercando di trarne delle varianti, e l’impressione è che sia stato aggiunto un retrogusto amaro a uno stile che di facciata appare spensierato e vivace, dando vita a una sorta di “lato oscuro dei Fratellis”, che però rimane per tutto l’album in penombra, senza mai prendere il sopravvento.

Ricalca questo stile il primo singolo “Me and the Devil“, una progressione disillusa che risulterà tra le migliori canzoni dell’album, mentre il singolo successivo, “Baby Don’t You Lie to Me”, è invece quella che più si lega al passato della band.

Thief” è uno dei brani più interessanti, con un intreccio di arpeggi di chitarra che sfocia in un ritmo ballabile, mentre la melodia va ad esplorare atmosfere blues; “Impostors (Little by Little)” riprende il country tradizionale e si avvale di un ritornello destinato ad incollarsi nel cervello al primissimo ascolto, così come è molto accattivante “Getting Surreal”, che nell’equilibrio tra ritmo e armonie sembra quasi voler avvicinare il garage rock all’hip hop.

La marcia sincopata “Dogtown” e la teatrale “Rosanna”, a metà tracklist, danno una svolta irriverente al tutto e (mi si perdoni la prossima affermazione) quasi sembra di ascoltare i concittadini Franz Ferdinand. “Slow” è una triste ballata pop che coincide con il momento più cupo dell’album, che si conclude con il lento ed elegante blues di “Moonshine”.

Il giudizio su “Eyes Wide, Tongue Tied” va formulato al netto di “Costello Music”, album irripetibile per impatto e qualità, e dunque non può che essere positivo, perché, pur senza contenere vere novità, si avverte una moderata svolta nel sound e, allo stesso tempo, l’ascolto non ne risente, risultando fluido e più che piacevole. Questa scelta, che da un lato si può definire intelligente e dell’altro ruffiana, ottiene in ogni caso l’effetto di dare vita a quello che, album d’esordio a parte, probabilmente è il miglior lavoro degli scozzesi.

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