Una sensazione di volo come se fossi Lebowski flippato dalle droghe ma senza droghe, con triplo carpiato all’indietro verso i primi anni Settanta: questa è stata la prima risposta del mio istinto di ascoltatrice al disco omonimo dei The Winstons, il trio “superpawa” composto da Enro Winston, Rob Winston e Linnon Winston. All’anagrafe i tre hanno tutt’altri (e ben noti) nomi, ma in questo progetto hanno riversato tutto l’amore per quella strepitosa psichedelia progressive apparentemente anarchica che ha caratterizzato fortemente quel periodo musicale di sperimentazioni, dandogli nuova e freschissima linfa vitale.
Una botta dura. Bellissima, va detto. Pochi dischi d’esordio mi hanno conquistata nel giro di qualche battuta e dire che il progressive ha sempre quel rischio lì, di diventare furiosa pippa mentale. “The Winstons” ha molto da raccontare tra le pieghe armoniche e i tempi dispari che non annoiano mai. Questo album di debutto è potenza in dispiegamento totale che attende solo la dimensione dal vivo per mostrarsi al suo meglio: tracce come “Diprotodon” vanno ascoltate in concerto, live, col sudore che ti copre gli occhi mentre li chiudi a ripetizione per lasciarti andare.
Per chi cercasse riferimenti, eccoli: “On A Dark Cloud” sembra uscire da un disco dei primi Pink Floyd senza per questo sembrare una bruttissima copia, “A Reason For Goodbye” sarebbe piaciuta persino a Robert Fripp, “Number Number” non sfigurerebbe in un album dei Soft Machine o dei King Crimson e ha una melodia che sembra ricordare i momenti più felici dell’epoca finale dei Beatles, tra Lennon e McCartney. Ma non è il citazionismo spinto dei grandi a strutturare l’ossatura di questo ottimo esordio.
Attenzione, ci sono tutti ma mescolati bene nelle molteplici identità esplorate. Per usare una metafora tanto cara agli studi culturali: non è di una misteriosa poltiglia indefinita che stiamo parlando (melting pot), ma di una vivacissima insalata (salad bowl) dove ogni ingrediente mantiene il suo preciso sapore pur essendo splendidamente amalgamato con gli altri.
“The Winstons” è un album da scoprire, ma soprattutto è un disco dal quale lasciarsi bellamente sconvolgere in una scoordinata danza notturna con le cuffie sulle orecchie e i capelli al vento, animati dalla luce fioca di due candele tremolanti. Ascoltatelo, perché non ve ne pentirete.