Black Country Communion Afterglow

Black Country Communion

Il gioco è bello quando dura poco e così anche per i Black Country Communion è arrivato il momento di salutare e sciogliersi. Il motivo è squisitamente logistico: Bonamassa aveva troppo da fare per andare in tour con la frequenza pretesa da Hughes. E’ stato bello, baci e abbracci e ognuno per la sua strada. Peccato. Ma forse no. “Afterglow” ci lascia un gruppo affiatato, stellare, con un repertorio di tutto rispetto, affatto stanco, per cui è meglio finirla qui, al top. Tutti si chiederanno cosa sarebbe stato se avessero proseguito, nessuno li accuserà di aver tirato troppo la corda. Per una volta, meglio il rimpianto del rimorso. Meglio finirla dopo il miglior disco della propria carriera che dopo una serie di insuccessi.

Ma basta ciance, “Afterglow”, come i precedenti lavori, è un hard rock di fattura antica, una minestra nota, fin troppo riscaldata da cuochi mediocri ma che i Black Country Communion sanno ripresentarci sotto il naso come pochi al mondo. In questo caso l’impronta melodico-funk di Hughes è più presente delle prove passate, ma poco cambia e ascoltatevi delle bombe come “Cry Freedom” o “Common Man” (due a caso nel mucchio) e godete e più non domandate.

Ora, arriviamo alla resa dei conti. Se il nome lì sopra vi dice qualcosa, il disco siete già corsi a comprarlo. Se i nomi di Hughes o di Bonamassa o di Bonham vi dicono qualcosa (Sherinian, è ancora una volta, un ritocco di lusso e nient’altro) il disco correte a comprarlo. Se nessuno dei nomi qui sopra vi dice niente ho pena per voi, ma il disco compratevelo comunque che alla salute male non fa, nella peggiore delle ipotesi potrete regalarlo a qualcuno e fare un figurone.

Stefano Di Noi

[youtube lnN5XRrxClI]

Lascia un commento