Non lasciatevi intimorire dal titolo minaccioso: il progetto di Dan Bejar è quanto più lontano possibile dal chiasso e dalla devastazione sonora. L’artista canadese, attivo nel panorama indie ormai da anni, compie qui la transizione più coraggiosa della sua carriera. Dalla matrice più classica di indie rock (o “European Blues”, come era solito chiamarlo) salta verso uno smooth pop pieno di citazioni art rock e jazz. I testi criptici ed enigmatici sono rimasti, ma le composizioni non si buttano certamente nell’astruso.
La struttura dei pezzi è quasi sempre semplice, essendo in pratica un disco pop, dove il cantato soffice e la mancanza di suoni ruvidi fa da passaporto verso il mondo dell’easy listening…eppure non è questo il terreno dove il disco da il meglio di sé. Quando il lato pop dei brani è in verità un po’ debole, senza ganci, melodie o ritornelli particolarmente memorabili (e chiaramente non è quello l’intento), sono gli arrangiamenti curati, le sonorità sopraffine e le atmosfere ricercate a fare la differenza. E’ notte fonda, siete tornati dalla festa: avete una sigaretta accesa e, dal balcone del loft a New York, osservate le luci dei neon della città riflesse distorte dalle gocce di pioggia. Come in un ideale discendente di “Avalon” dei Roxy Music, ogni strumento è votato a tessere atmosfere chic e sofisticate, anche se meno danzerecce/esotiche e più contemplative/urbane.
Duetti con voci femminili, fiati e percussioni, tastiere…il manuale della “adult contemporary music” è seguito alla lettera. Dalla pulsante sezione ritmica anni ’80 di “Downtown” agli assoli di sassofono di “Chinatown”, verranno soddisfatti i più selvaggi sogni da yuppie. L’apice lo si raggiunge con le lunghe “Suicide Demo For Kara Walker” e “Bay Of Pigs (Detail)”, dove la durata elevata permette di immergersi a fondo nelle atmosfere dei Destroyer.