Una chiesa senza magia. Il titolo evocativo di questo album, che per dichiarazione degli stessi membri del gruppo non è assolutamente da considerare un concept, riesce a definire con precisione l’atmosfera di queste dieci tracce così diverse da quelle del loro lavoro precedente (O Soundtrack My Heart) e non solo per la presenza della voce di Richard Pike, sempre più a suo agio nel ruolo di frontman.
Si parte con il futuribile canto gregoriano di “Community”, introduzione liturgica all’album e ponte fra i vecchi Pivot e i nuovi PVT, diversi nel nome solo per una ridicola questione di copyright.
Il nuovo verbo PVT viene subito espresso dalla successiva “Light Up Bright Fires”: la voce che vive di istinti quasi pop e una grossa voglia di guardare oltre il post rock elettronico, finora il loro cavallo di battaglia.
A leggere le interviste pare che tutto questo sia nato per caso: Richard ha iniziato a cantare qua e là, a vedere quanto un cantato potesse essere compatibile con la struttura dei loro pezzi e da lì in poi il passo, comprensivo di testi per nulla scontati, è stato brevissimo. Bene così, perché l’avvicinamento al pop e alle melodie catchy di questo gruppo è qualcosa che non compromette per nulla la ricerca dei suoni e delle melodie, anzi, arricchisce di strati una musica già molto stratificata.
La migliore espressione del nuovo corso è senza dubbio “Crimson Swan”, che parte chiusa e cantilenante come una nuova “Atmosphere” dei Joy Division e poi si appella ad un crescendo da manuale post rock per aprirsi e sfociare in un trionfale cantato alla Arcade Fire. Fantastica anche la successiva “Window”, frammentata nel ritmo e nel cantato, perfetto contraltare alla “facilità” della precedente.
I PVT sono sempre stati l’apice della creatività di una certa scena, e lo dimostrano anche in questo disco, dove trattano materiale spesso volutamente distante dalle loro origini regalandoci pezzi che per eviscerarli bisogna ascoltarli decine di volte, dieci celebrazioni nella chiesa senza magia dell’elettronica, la musica fredda per eccellenza, che qui, letteralmente, prende fuoco.
Francesca Stella Riva