In un mondo più giusto, i BellRays venderebbero milioni di dischi e campeggerebbero sulle copertine dei più importanti magazine rock, cartacei e non. Invece di questo magnifico gruppo, in pista ormai da vent’anni, che fonde con naturalezza unica garage detroitiano e soul della Motown, ossia le due espressioni musicali per le quali la Motor City per antonomasia è passata alla storia (ma loro sono californiani), pochi ne parlano e mai nessuna major li ha seriamente presi in considerazione. Una storia simile a quella dei Detroit Cobras, ma nel loro caso il contrasto fra bravura artistica e indifferenza generale è persino più stridente.
Tuttavia “Black Lightning” potrebbe smuovere un po’ le acque, sia per la produzione insolitamente pulita e cristallina considerato il genere e i loro precedenti standard, sia per una più marcata voglia di confrontarsi con un rock dal taglio più secco e classico, meno dilaniato da scariche di fuzz tone e wah wah. Ma il loro stile rimane sempre quello, su questo non c’è pericolo: scariche di adrenalina che mozzano il fiato, alternate ad episodi più sfumati e dall’estetica terribilmente ‘black’. Un amalgama sonoro che vede nell’incredibile voce della cantante Lisa Kekaula, ora roca e selvaggia ora straordinariamente ‘soulful’, spesso e volentieri vicina a quella di Betty Davis, il suo maggior punto di forza e la sua originalità.
L’album, eccetto per la leggerina e quasi power – pop “Power to Burn” (che però si riscatta con un assolo rockabilly), non mostra cedimenti né cali di tensione. Mezz’ora esatta di garage – blues – rock gagliardo come pochi, fulminante nelle furiose “Living a Lie”, “Hell On Earth”, “On Top”, anthemico nella più ragionata “Everybody Get Up”, agrodolce nella soffusa “Anymore”. Scorrono le immagini di MC5 e Stooges, ma non solo, anche di Rolling Stones, Led Zeppelin, Ac/Dc e di tutte la band che hanno scritto la storia del rock. Poi i BellRays, in mezzo a tutto questo bailamme, ti piazzano un brano di soul psichedelico à la Temptations come “Sun Comes Down”, con tanto di archi in tremolo e beat contagioso, risultando perfettamente credibili, e capisci che solo chi ha classe innata può riuscire in quest’impresa.
“Black Lightning” è consigliato non solo a chi già segue i BellRays e analoghi complessi ‘di culto’, ma a tutti quelli che vogliono davvero comprendere cosa significhi suonare del genuino e sudatissimo rock’n’roll.
Stefano Masnaghetti