Il rock, nato in America e perfezionato in Inghilterra, ha poi proseguito la via della globalizzazione, girando il mondo come il barbat siriano (l’antichissimo strumento da cui derivano il liuto, la biwa e tutti i violini e le chitarre che conosciamo oggi). In questo viaggio il rock è cambiato adattandosi alla cultura, alla storia e alla sensibilità dei popoli con cui è entrato in contatto.
L’arte è libertà, la musica forse è la più libera fra le forme artistiche, sicuramente è quella più libera di muoversi, di viaggiare, di cambiare. La musica può insegnarci ad essere liberi, facendoci conoscere e apprezzare chi è diverso e può farlo grazie ad artisti come i Mashrou3 Leila.
Mashrou3 Leila (più o meno Progetto Notturno) non sono altro che uno dei succosi frutti nati dall’incontro di culture diverse, uno dei quei preziosi doni della globalizzazione. Folk, rock, jazz, pop si mescolano con la canzone classica araba, dando vita ad un corpus fluido, ribelle, intenso e ricchissimo di colori e sapori.
Il grande merito dei ragazzi di Beirut sta nell’essere riusciti a miscelare influenze e suoni diversi in un insieme di forte presa e di facile ascolto. Tutti i brani, per quanto ricchi di sfaccettature, seguono infatti melodie cantabili e d’effetto, piacevolissime anche per orecchie occidentali non particolarmente avvezze alle sonorità dell’altra sponda del Mediterraneo. Ma non fatevi ingannare dalla melodicità d’insieme pensando a testi zuccherosi e una diffusa superficialità, perché i nostri vanno giù duro, raccontando le miserie del contemporaneo e gli orrori del passato… il problema, semmai, è che lo fanno mischiando lo slang di Beirut all’arabo classico, quindi dovete fidarvi.
Stefano Di Noi