All That We Can See – Tourniquet – November Through June – Spy In The House of Memories – Any Other God – Dance For Hours – Out of Orbit – Contortionist
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Si intuiscono grandi possibilità per questo trio di entusiasti musicisti americani, una delle ultime uscite della Quarterstick Records: la produzione affidata a Greg Saunier dei Deerohoof, che fin dal primo momento ha creduto nelle loro potenzialità e, testuali parole, aiutato a “scremare” il loro suono, non poteva essere migliore. Arrivati al loro primo album dopo l’ep di debutto “Hejrat”, dedicato alla controversa figura dell’artista iraniana Googoosh, gli Sholi ci propongono infatti un album decisamente al di sopra della media, se non sorprendente.
Stupisce innanzitutto il cantante di origini persiane Payam Bavafa, che possiede una voce fresca e ben impostata che spesso ricorda il Thom Yorke dei primi tempi, se non il miglior Morrissey, ed una immaginifica capacità di scrittura ed intuizione metrica.
Se poi uniamo un’interessante ed inusuale attitudine math a delle melodie che per ampiezza potrebbero ricordare gli Arcade Fire, otteniamo qualcosa di esplosivo, nonché di nuovo nel panorama ultimamente sempre più sterile dell’indie.
Innegabilmente una boccata di aria pulita, questo album si snoda attraverso otto tracce una diversa dall’altra che si alternano fra leggerezza e inquietudine, tratteggiando un quadro intimista, nostalgico ma anche intenso, in cui il tappeto descritto da chitarra e basso viene movimentato e complicato non poco da un batterista eccezionale, che si produce in ritmiche astruse e rare ma mai pesanti.
“All That We Can See” è forse il più rappresentativo di tutto quello che abbiamo descritto, ma l’incedere marziale che poi va ad aprirsi nel ritornello liberatorio di “Any Other God” e la cantabilità di “November Through June” potrebbero conquistare anche il pubblico meno attento, e sono di sicuro una delle migliori sorprese di questo inizio 2009.
Consigliabilissimo anche andare a cercare i vecchi ep, “Hejrat” su tutti, che senza dubbio stupirà per la varietà dei suoi contenuti e per la versatilità della voce di Bavafa, che spesso si fa stupefacente.
Francesca Stella Riva