Démodé – Démodé

Se cercate la musica più trendy, cool e figa del momento andate da qualche altra parte, ché qui non c’è niente per voi. D’altronde però i Démodé non sono proprio così passati come vogliono farci credere, non suonano vecchio, non sono arroccati su qualche cliché tramontato da un pezzo, non sono out o sfigati. Se mi permettete, i Démodé sono anti-fighi ovvero, pur non seguendo nessuno, pur non cercando la cresta dell’onda, pur non inseguendo la moda del momento, tracciano un percorso personalissimo che potrebbe sicuramente diventare, in un (bel) futuro di un (bel) mondo ipotetico, la via da seguire. Fatemelo dire: se i Démodé fossero à la mode, staremmo tutti meglio.

Lì sopra ho scritto che si tratta di Jazz, ma questo è vero fino a un certo punto, anzi, meglio, è sull’accezione di Jazz che dobbiamo concentrarci perché, se siamo bravi, in quella definizione ci facciamo entrare di tutto. I Démodé più che fare ricerca sembrano uno di quei gruppi capaci di raccogliere, ed eccoli infatti prendere spunti dal mondo esterno, un mondo che è composto da una certa fusion, un certo jazz, una certa musica romantica, una certa musica popolare, dall’indie, dal progressive, dall’elettronica e dal post rock (rimanendo in ambito musicale, perché poi si potrebbe parlare di arti visive e non si finirebbe più)… e queste influenze vengono filate tutte insieme e utilizzate per tessere trame sonore brillanti, solari, sorridenti, imprevedibili e personalissime.

Unico difetto di questo primo vagito discografico, è che si tratta di un EP di soli quattro brani, d’accordo sono bellissimi, intensi, sfaccettati e coloratissimi ma comunque quattro, e quattro non bastano a saziare e vi assicuro che vi lasceranno con tanta acquolina in bocca.
Che volete di più? Sono pure un prodotto nostrano, quindi fatevi sotto e supportate!

Ps. Trattandosi di un’autoproduzione, per recuperare il disco serve un minimo di sforzo, ovvero:

1. collegatevi al my space;
2. ascoltate i brani;
3. se vi piacciono, mandate un’e-mail al gruppo e chiedete il disco a loro.

Stefano Di Noi

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