Con il suo debutto “Good Kid, M.A.A.D. City” Kendrick Lamar aveva fatto gridare molti al miracolo, anche se forse un po’ troppo presto. Non perché il suo non fosse un ottimo album, ma perché quando bastano una manciata di canzoni perché già si parli di un rivoluzionario, di solito si sa come va a finire. Ecco perché era così importante che il seguito di quell’esordio fulminante, “To Pimp a Butterfly”, fosse non solo un buon lavoro, ma qualcosa di più. E, inutile girarci intorno, non solo Kendrick non ha deluso le aspettative, ma anzi ha alzato ulteriormente l’asticella, dando alle stampe quello che forse è già il miglior disco hip hop del 2015.
Oltre a confermare le sue eccellenti doti di rapper, “To Pimp a Butterfly” ha qualcosa di molto importante che lo distingue dalla gran parte dei dischi hip hop in circolazione: la musicalità. Sì, perché Kendrick Lamar ha groove. E non esita a sbatterlo in faccia all’ascoltatore nelle sue nuove tracce. Attingendo a piene mani dal funk, dal jazz, persino dal rock e mescolando il tutto senza preoccuparsi più di tanto delle dosi, come possono fare solo i grandi improvvisatori. E adatta alla situazione il proprio stile, variando all’interno dei singoli pezzi, con un flow di volta in volta più classico o più sperimentale, lasciandosi andare anche a numerosi momenti di spoken word.
Pochi i momenti non all’altezza, spiccano pezzi come “Wesley’s Theory”, “How Much a Dollar Cost”, “i”. Se non sbraca al prossimo giro, Kendrick potrebbe diventare uno dei tre-quattro migliori rapper in circolazione.