Lady Gaga – Born This Way

Lady Gaga Born This Way

Lady GaGa per noi è sempre stata ok, lo dicevamo già da tempi non sospetti. La sua fama se l’è meritata col suo lavoro. Tutto l’hype attuale, come spesso capita, è più figlio del caso e del ‘contorno’ che della musica in sé…ma va bene così. Se ne parla troppo? Ha raggiunto la saturazione? Probabile. Inizia a farla un po’ fuori dal vaso? Quando si arriva a certi livelli è facile perdere la bussola ma restare sopra le righe è anche parte del suo personaggio. Se poi la musica che viene fuori è solida e sinceramente sentita, le possiamo perdonare peccati veniali come l’ennesimo sfruttamento dell’iconografia cristiana a scopo scandalistico, il plagio di “Express Yourself” di Madonna, certe foto che manco la Rettore e video che da trash diventano semplicemente stupidi.

Il nuovo album, come prevedibile, continua sulla rotta del precedente EP “The Fame Monster” picchiando duro con la dance/pop. Poche sorprese a livello di stile, ma la Germanotta non si è limitata al minimo sindacale con 3 minuti al pezzo più un paio di singoli e via. Si sente la maturazione sia nel cantare che nella ricerca dei suoni. C’è sempre qualcosa di interessante: salta fuori un assolazzo di chitarra heavy metal, un sassofono, beat techno…tanti piccoli dettagli a fare un solido contorno ai suoi collaudati ritornelli e ganci melodici.

Con l’opener “Marry The Night” si inaugura ufficialmente il recupero della dance anni ’90 (Corona e simili), così come con la title track, che sarà pure un plagio ma rimane divertente. Il grado di tamarraggine si alza drasticamente con i beat di “Government Hooker” e “Judas”, marchio di fabbrica della GaGa alla “Bad Romance” ed esempio più classico della sua proposta musicale. Il disco è lungo e, purtroppo, non è tutto allo stesso livello. Ci sono evidentemente alcuni filler, tipo le divagazioni italoamericane e tedesche di “Americano” e “Schaisse”, ma si può dire che anche nei riempitivi cerca di inventarsene di ogni.
Pezzi validi comunque saltano fuori anche nelle profondità del disco: l’ode a NY “Black Jesus-Amen Fashion”, il riff rock di “Bad Kids”, “Fashion Of His Love” alla Whitney Houston anni ’80, la robotica “Heavy Metal Lover”. Insomma, ce n’è per tutti i gusti…GaGa dimostra pure che il suo amore per i Def Leppard non era una sparata da geek, andando a produrre un pezzo col loro storico produttore (“You And I”).

Visto lo stato attuale di Lady GaGa nello stardom, disco e tour saranno comunque un successo. Chi la ama continuerà ad amarla e chi la odia continuerà ad odiarla. E’ ancora presto per una drastica ristrutturazione del suo sound, per ora quello che offre è la sintesi di tutto quello che ha imparato in questi anni, unito alla celebrazione dei suoi artisti preferiti. Promosso.

Marco Brambilla

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