Todd – Big Ripper

Track Side Fire – Happy Easter Florida – Black Gold – Between Them Two Roundabouts – Julie B – Country And Western Super Posters! – Best Laid Plans – Arista Disco – The (R)Wub – Walnut And Leather – French And In France – Hard Life – French And Out Of France

Grande ritorno per i Todd, band simbolo del noise rock più spinto degli ultimi anni. Pare che, dopo tre anni di silenzio discografico, siano bastati due giorni di registrazioni e una settimana di mixaggio per realizzare “Big Ripper”, album che sicuramente farà discutere. Infatti, Craig Clouse e soci non solo hanno cambiato etichetta discografica, ma rispetto a “Comes To Your House” il nuovo disco mostra un netto cambiamento di prospettiva nell’approcciare il suono ultra distorto.

Non che il gruppo anglo – texano si sia messo a fare power metal: ci aggiriamo ancora nei meandri della musica più sgradevole e anticommerciale del pianeta (tutti complimenti, sia chiaro). Oltretutto, i padri ‘nobili’ continuano a essere gli stessi di un tempo, e citarli è sempre un dovere, fosse pure la millesima volta: Big Black, Pussy Galore, Butthole Surfers, Royal Trux, Unsane, Jesus Lizard e Hammerhead (già, proprio quelli nei quali Clouse suonò per un breve periodo). Tuttavia in “Big Ripper” le influenze si fanno ancora più varie, la violenza assassina viene in parte mitigata, e ad emergere è soprattutto la pesantezza di un impasto rumorista che ora comprende anche il battito lercio e bradicardico dei primi Melvins e alcune soluzioni ricavate dallo sludge propriamente detto. L’impatto continua ad esser forte e pressante, ma, laddove i vecchi Todd sfrecciavano veloci e criminali, quelli nuovi preferiscono azzannare gli ascoltatori tramite torpidi maelstrom di note raggruppate in aberranti cacofonie (continuando ad essere criminali, naturalmente). La militanza di Craig nei folli Shit And Shine ha avuto sicuramente delle ripercussioni nella stesura del nuovo lavoro, anche se i Todd rimangono più ‘essenziali’ e meno inclini all’orgia tribal – psichedelica.

Così, accanto ai consueti assalti a cui il complesso ci ha ormai abituato (il rockabilly deturpato di “Track Side Fire”, il noise’n’roll di “Black Gold”, le fucilate di “Happy Easter Florida” e “Arista Disco”), convivono brani nei quali fiumi di melma sommergono strumenti e amplificatori, dando luogo a colate sonore lente e rimbombanti: “Julie B” incrocia Melvins e scorie di garage rock, “The (R)Wub” pare una ballad dei Rolling Stones risuonata da Merzbow, “French And In France” parte con un riff alla Link Wray che successivamente viene ridotto a brandelli da un’accozzaglia di suoni turpi e voci iperfiltrate, mentre i nove minuti conclusivi di “French And Out Of France” annientano tutto in un incubo demente, fra movenze al ralenti, un riff di chitarra che ciondola sfinito in mezzo a white noise di ogni tipo e la sensazione di trovarsi intrappolati in un tritarifiuti gigantesco (qui sì che si sente l’influsso di Shit And Shine).

Una produzione raccapricciante, che rischia di corrodere le casse dello stereo, voci anormali (non esiste il canto: solo differenti declinazioni di urla e grugniti vari) e una spiccata ironia (vedi copertina e titoli delle canzoni) completano il quadro di uno dei dischi dell’anno appena trascorso. “Big Ripper” vale quanto “Purity Pledge” e “Comes To Your House”: è solo un modo leggermente diverso di rappresentare la barbarie nel rock.

Stefano Masnaghetti

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