“L’amore può essere una cosa positiva o negativa. Ci si innamora, ci si dà completamente ma si raggiungono livelli di ossessione molto elevati e si spazza via tutto il resto. Siamo molto vulnerabili in quei momenti”. Da qui nasce il nome di “Caustic Love”, terzo album per Paolo Nutini a 5 anni di distanza dall’uscita del precedente lavoro. Il cantautore italo-scozzese abbandona le sonorità strettamente pop degli esordi per sperimentare quelle Motown (Jackson 5, Marvin Gaye, Stevie Wonder per intenderci), soul, funk e blues tipiche di qualche decennio fa.
L’album parte trattando il lato positivo dell’amore, con il primo singolo estratto, “Scream (Funk my Life Up)”; è un susseguirsi di botti funk e coretti che rendono il pezzo incredibilmente ricco. Ma giusto il tempo di urlare un “Halleluja!” e illudersi di aver trovato la donna che può “rendere funk la mia vita” e sorgono già i primi problemi descritti nella parabola sentimentale: proprio di questo trattano “Let me Down” e “One Day”, colpi di classe soul di altri tempi. Nutini dimostra ora più che mai capacità di scrittura eccezionali, cantando di un amore caustico, corrosivo e bruciante, fatto di bei momenti ma anche di responsabilità e disaccordi che molto spesso rendono le persone ingabbiate o semplicemente infelici. Si passa poi per “Better Man”, ballata country dal sound leggero arricchito da un finale in crescendo, e per “Iron Sky”, vera perla dell’album, pezzo più che mai teatrale, anche per l’inclusione (con qualche bel rischio, decisamente ben preso) del discorso finale di Charlie Chaplin ne “Il Grande Dittatore” (“You are not machines, you are not cattle, you are men. You, the people, have the power to make this life free and beautiful, to make this life a wonderful adventure”), nel quale trasuda la volontà di denunciare le scelte di chi sta al potere, di chi pensa di comandare le folle a proprio piacimento. “Diana” è un piccolo momento di intimo R’n’B nel quale l’artista si concede il lusso di cantare in falsetto il ritornello; il valore aggiunto dell’album risiede proprio nella poliedricità della voce dell’italo-scozzese, graffiante e calda in certi tratti, pulita e vellutata in altri.
Paolo Nutini sorprende per maturità e personalità, tenendo conto dell’età (27 anni) e del fatto che l’album è stato prodotto per intero by himself con la collaborazione di Dani Castelar (alle prime armi come produttore, dopo una carriera per lo più da ingegnere del suono), e di certo non rischiamo nulla affermando che sia ormai da considerare tra i migliori cantautori in circolazione.
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