Cronaca Nera – La Guerra è Finita – Sergio – Revolver – I Provinciali – Il Corvo Joe – Un Romantico A Milano – A Vita Bassa – Perché Una Ragazza Di Oggi Può Uccidersi – Il Nulla – Cuore Di Tenebra
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Primo disco su major per i Baustelle, ex promessa dell’indie – pop italiano, e ora compiuta realtà di prima grandezza. Il passaggio ad una multinazionale della musica non cambia affatto il loro approccio amaro e sarcastico ai testi, anzi questi ultimi non sono mai stati così privi di speranza, così riusciti. D’altra parte, a renderli ancora più incisivi sono le basi musicali sopra le quali vengono cantati: ossia un pop vellutato ispirato dal Morrissey solista piuttosto che da certe atmosfere settantiane (cfr. la traccia d’apertura, “Cronaca Nera”, che potrebbe fungere da colonna sonora ad un poliziesco all’italiana), dove frequenti sono gli arrangiamenti orchestrali con tanto di archi giustapposti ad un chitarrismo limpido e perfettamente a fuoco. L’impressione complessiva è quella di uno straordinario “contrappunto” emotivo, che scaturisce da questa contrapposizione tra una musica che potrebbe sembrare quasi “allegra”, non fosse per i testi intrisi di pessimismo e morte cantati da Bianconi, divenuto ormai il vero mastermind del gruppo. Paradigmatica in questo senso una canzone come “Il Nulla”, dalla ritmica dance e festosa, con tanto di tastiere in primo piano, mentre il testo si permette pure di citare Montale (“Accorgersi/Nel caos dell’ipermercato/O in un beato megastore/Della bugia che sta alla base del mondo/In un secondo/Coglierlo/Spogliato e crudo/Il Nulla”), in un crescendo di pessimismo cosmico che non può lasciare indifferenti. Ma ogni singolo brano è imperniato su temi, storie e visioni del mondo che sono piccoli capolavori di malessere di vivere: così vengono narrati suicidi o tentati suicidi di adolescenti (il singolo “La Guerra è Finita” oppure “Perché Una Ragazza Di Oggi Può Uccidersi”), omaggi agrodolci alla brumosa Milano (“Un Romantico A Milano”), squarci sulla sterile vita che si può condurre in provincia (“I Provinciali”), la “sconfitta storica” di una società entro la quale i giovani possono sviluppare una propria personalità solo vestendosi firmati (“A Vita Bassa”), fino a giungere ai due apici del disco, l’ironica e terribile “Sergio”, odissea di un ex internato in manicomio (“La notte, sì/è nera qui/In quattro mi violentano/Non ho paura/E gira il mondo/Ed io non so se sono un uomo oppure no/Mi chiamo Sergio e come te/Vivo”), e l’incredibile “Il Corvo Joe”, vetriolo puro contro le finzioni sociali che ci condizionano (“Anche oggi e domenica/Tutta d’oro/La gente luccica/Mentre osserva le anatre/Inventandosi la felicità”), in cui il corvo diventa simbolo della coscienza che capisce quanto sia priva di significato la nostra vita (“Ma vi perdono/Perché in fondo portate nel cuore/Sangue che è destinato a seccare/Vivete un morire”). Il fatto eclatante è che tutto questo lo si può trovare in un disco squisitamente pop, inteso nella sua migliore accezione: se si pensa allo standard medio che questo genere ha avuto in Italia negli ultimi anni c’è da rimanere sbalorditi. Non fosse uscito il debutto degli Offlaga Disco Pax, sarebbe stato il disco italiano dell’anno.
S.M.