[Brawlers] Lie To Me – LowDown – 2:19 – Fish In The Jailhouse – Bottom Of The World – Lucinda – Ain’t Goin’ Down To The Well – Lord I’ve Been Changed – Puttin’ On The Dog – Road To Peace – All The Time – The Return Of Jackie and Judy – Walk Away – Sea Of Love – Buzz Fledderjohn – Rains On Me
[Bawlers] Bend Down The Branches – You Can Never Hold Back Spring – Long Way Home – Widow’s Grove – Little Drop Of Poison – Shiny Things – World Keeps Turning – Tell It To Me – Never Let Go – Fannin Street – Little Man – It’s Over – If I Have To Go – Goodnight Irene – The Fall Of Troy – Take Care Of All My Children – Down There By The Train – Danny Says – Jayne’s Blue Wish – Young At Heart
[Bastards] What Keeps Mankind Alive – Children’s Story – Heigh Ho – Army Ants – Books Of Moses – Bone Chain – Two Sisters – First Kiss – Dog Door – Redrum – Nirvana – Home I’ll Never Be – Poor Little Lamb – Altar Boy – The Pontiac – Spidey’s Wild Ride – King Kong – On The Road
Non è un disco, è un monumento.
Non è un greatest hits, è un “What if…”. Avete presente quei fumetti di supereroi dove si racconta una storia alternativa a quella principale, in cui qualcosa è andato diversamente da quanto raccontato e quindi tutto il mondo che ruota intorno all’eroe è cambiato? Ecco, qui è la stessa cosa: si può fare un greatest hits senza usare neanche un brano già edito ufficialmente?
Se siete Tom Waits la risposta è ‘sì’. Tre dischi pienissimi, più di cinquanta canzoni pescando solo tra gli scarti, con l’aggiunta di qualche inedito. Come dire, avrei potuto fare due carriere parallele in due mondi paralleli con le canzoni che ho scritto in questo.
I tre dischi sono divisi a tema, ma se fosse un gratest hits sarebbero divisi in ordine cronologico: In “Brawlers” ci sono pezzi obliqui e sghembi tipici della seconda parte della carriera di Tom, mentre in “Bawlers” ci stanno i brani lenti e melodici che faranno la felicità degli estimatori dei primi anni di Waits, e che stavano quasi a bocca asciutta da una ventina d’anni abbondante. Proprio il secondo disco rappresenta l’apice del lavoro, proprio perché si discosta dalla pur ottima produzione del tardo Waits per andare a recuperare le sue radici melodiche di crooner, i pezzi al pianoforte, insomma 20 brani di una bellezza struggente (tra i quali è scivolata l’ubriachissima “Sweet Irene” tanto per essere troppo prevedibili).
Su “Bastards” ci sono appunto i figli bastardi, e quindi reading vari, cover, spoken word sugli insetti (!!) e amenità varie; ci sono parti valide ma indubbiamente questo si rivolge più che altro ai fan accaniti che vogliono avere tutto il possibile senza perdere neanche un rantolo del loro beniamino.
Una prova di forza notevole comunque, per un personaggio che dimostra ancora una volta di avere una facilità e una capacità nel produrre musica di qualità veramente più uniche che rare.
Ah, a proposito di fans, in alternativa alla versione digipak con libretto da 24 pagine esiste anche una versione deluxe in box, con succosissimo e completissimo booklet da 92 pagine!
S.R.