Van Halen A Different Kind Of Truth

Van Halen A Different Kind Of Truth Recensione

David Lee Roth o Sammy Hagar? Il tormentone che per anni ha spaccato i fans dei Van Halen ora forse trova una risposta. Sì, perché puoi leggere le notizie che li dipingono come vecchi pazzi, Eddie Van Halen a fare musica per film porno e Diamond Dave a fare l’infermiere in ambulanza, puoi ritenerli cotti, bolliti, andati…ma quando li metti insieme scatta la Magia, quella che con Hagar non c’è mai stata.

A trent’anni dall’uscita di Roth della band, questa volta è la volta buona, il ritorno vero. Il nuovo disco “A Different Kind Of Truthè una sberla in faccia. E’ una sberla in faccia a chi conosce i Van Halen da best of, a chi si aspetta “Jump”, le ballatone di Hagar e i tastieroni anni ’80. E’ una sberla in faccia agli amanti della chitarra elettrica: improvvisamente ti accorgi di come ci siamo ridotti male negli ultimi anni, a colpi di suoni ipercompressi, sonorità artefatte e musicisti sopravvalutati. E’ una sberla perché è il disco più scassone e vaffanculo che abbiano mai fatto: prende i sassi migliori da dischi come “Fair Warning“, “Diver Down“, “Women And Children First“…quei dischi di cui ormai si ricordano solo i fans più accaniti, quei dischi che anche se hai scaricato il torrent da 3 giga con la discografia completa non ascolti mai.

Ma dov’ era rimasto Eddie tutto questo tempo? A sentirlo suonare così sembra di risvegliarsi dopo anni di coma. Non reinventa una seconda volta la chitarra rock, questo no, ma si ‘limita’ solamente a sciorinare una quantità di riff e assoli semplicemente più belli di quelli degli altri. Che sia il suo celebre tapping, le armoniche come sa fare solo lui, o i suoi riff strozzati, in ogni brano c’è sempre qualcosa di interessante e pronto a far rivivere i tempi dei VH migliori (ah, quel tocco nel riff di “You And Your Blues”). E Roth? Non è da meno, la voce regge benissimo e non ha perso quel carisma matto e unico che l’ha reso uno dei frontman più famosi di sempre. Per lui forse qualche acuto di meno e un maggior uso dei toni baritonali (quasi da spoken word), ma sembra davvero di essere ancora nel 1984! Alla sezione ritmica Alex pesta con la stessa grinta di sempre e pure il figlio di Eddie, Wolfgang, fa la sua porca figura. Ok, piangiamo tutti per il licenziamento di quel redneck di Michael Anthony, Wolfgang sarà anche un obeso figlio di papà ma il suo basso sferraglia che è un piacere: a differenza del suo predecessore cerca di seguire più da vicino le linee del padre e, se è non è stato papà a fargli i compiti, a 20 anni è già un manico.

“A Different Kind Of Truth” ha una dozzina di pezzi veloci, corti, groovosi, belli saturi e divertenti. Niente ballate, e dai e dai forse il primo singolo “Tattoo” è pure il peggio del lotto; meglio correre da “She’s The Woman” (rielaborata addirittura dal demo del ‘77) e dalla doppiacassa di “Chinatown”. Unico appunto forse la scelta del produttore John Shanks: col suo curriculum ultra-commerciale (Miley Cyrus, Bon Jovi, Take That…) non si capisce che benefici possa aver portato alla band. La chitarra di Eddie ha avuto suoni migliori ma, per fortuna, il sound del disco è tutt’altro che leccato (per quello ci sono i Chickenfoot).

In definitiva una lezione di alchimia musicale e pura fotta rock 100% americana dal più grande chitarrista rock di sempre e dalla sua gang di scoppiati. E meno male, perché forse ci stavamo rincoglionendo a furia di virtuosi plastificati e senz’anima.

Marco Brambilla

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