Gli Ufomammut non hanno mai conosciuto un vero e proprio sviluppo stilistico, né hanno mai pubblicato un album in grado di fungere da spartiacque fra un prima e un dopo. Sono un caso molto particolare di band nata adulta, che a partire dall’esordio “Godlike Snake” (2000) ha intrapreso un moto oscillatorio perpetuo, privilegiando di volta in volta aspetti differenti della propria formazione estetica e sonora, i quali erano però già tutti presenti fin dagli albori. Simili a un fiume carsico, talora hanno lasciato affiorare le feroci rapide del culto del riff selvaggio e deflagrante, talaltra hanno preferito nasconderne i gorghi al di sotto di uno spesso strato di polvere stellare. In questo continuo farsi e disfarsi di forme e colori, l’impresa maggiore è stata mantenere sempre un livello qualitativo elevatissimo, a cui “Ecate” non fa eccezione.
Il settimo LP del trio piemontese mantiene fede al titolo (la dea a cui è dedicato ha libero accesso a ben tre mondi: quello degli dei, quello degli uomini e il regno dei morti) e abbraccia cosmicamente cielo e terra, offrendo la consueta pozione a base di stoner, sludge, doom, psichedelia e space rock. Non fosse per la produzione, quest’opera potrebbe tranquillamente figurare tra le prime composte dagli Ufomammut, proprio in virtù dell’atemporalità del loro percorso musicale. Oggi manca l’effetto sorpresa, ma non è un demerito. Le aspettative vengono puntualmente mantenute, la potenza nel creare atmosfere sospese fra sogno e incubo è la medesima. Volendo essere precisi, “Ecate” serra leggermente il riffing rispetto ai predecessori “Oro: Opus Primum” e “Oro: Opus Alter” (entrambi del 2012), più rarefatti ed espansi, si riallaccia in parte alla cupezza di “Idolum” (2008) e mostra il lato più diretto e rock dei Nostri (cfr. “Plouton”). Sottigliezze. Gli ingredienti rimangono invariati, cambia soltanto (e neppure molto) il loro dosaggio. Rispuntano i Neurosis nei primi minuti di “Somnium”, in cui il ritmo e gli effetti sonori ricordano l’apertura di “Through Silver In Blood”; “Chaosecret” disgrega echi di pianeti morti e voci ancestrali prima di schiantarsi contro un muro sonoro alla Sleep; “Temple” sta dalle parti degli Electric Wizard, “Revelation” potrebbe congiungere Pink Floyd e il Battiato di “Fetus” (provate ad accostagli le manipolazioni analogiche di “Anafase”), il piglio di “Daemons” parla la lingua dei Kyuss.
Ogni cd targato Ufomammut potrebbe essere descritto in modo simile. Per questo motivo ognuno di essi è imprescindibile per chi cerca il meglio dello stoner psichedelico moderno.
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