O gli Ulver ci stanno trollando da anni, o sono dei geni. Noti per cambiare pelle a ogni release (o quasi), i “lupi” norvegesi hanno esplorato con una profondità non da tutti il black metal, il folk, ma anche il trip-hop e l’elettronica, accollandosi spesso l’etichetta di intelligence dance, che a pensarci fa abbastanza sorridere come termine. Ma rende benissimo lo spirito di Rygg e soci.
Oggi i Nostri approdano al dodicesimo disco in carriera, “The Assassination of Julius Caesar”, e diciamolo, non sono mai stati così lontani dal black metal.
I media stranieri non fanno altro che strombazzare la “svolta pop” dell’eclettica formazione, e in effetti, “TAOJC” è sorprendentemente catchy. Finché non si scende sotto la superficie. Dark wave, electro pop, trip hop, ambient: ecco cosa troverete nella nuova fatica degli Ulver, oltre a chiari rimandi ai Depeche Mode (“Nemoralia”), ai Duran Duran (“Southern Gothic”) e un pizzico di sensuale (!!!) R’n’B (“Rolling Stone”).
Insomma, una varietà incredibile che si riflette nei pensieri contorti e pressoché impossibili da dipanare delle lyrics. Ecco perché, nonostante le sonorità più fruibili, “The Assassination of Julius Caesar” non sarà mai un disco per le masse. La contemplazione dell’arte, della bellezza e degli abissi della mente umana, senza dimenticare la miriade di citazioni storiche, cinematografiche e folkloriche, rischiano di far perdere veramente il senno nello sforzo di starci dietro. Ed è una goduria. Ma non è per tutti. È prerogativa esclusiva di chi, anche se a fatica, riesce a trovare un filo logico da seguire in un disco in cui nulla è lasciato al caso. Se gli Ulver ci stanno trollando, lo stanno facendo dannatamente bene.