Si muovono a piccoli passi i Victoria Station Disorder, quasi per paura di commetterne uno falso sul terreno pericoloso sul quale camminano. In una scena italiana che sta godendo di una vera e propria esplosione elettronica, loro si posizionano a metà, in un ibrido sentiero di contaminazioni. Tra la musica da club (quella dei Dj e Producer) e l’impatto violento, lo schiaffo in faccia a mano aperta, di un più classico concerto “rock”.
Un esperimento già compiuto con enorme successo dagli Aucan, pronti con il loro secondo album che uscirà a breve e che qualche anno fa hanno fatto parlare di loro tutta Europa. Una vicinanza di suoni e di look, quella con gli Aucan, da portare solo come riferimento positivo e non assolutamente come critica. Sono due cose diversissime.
Si muovono a piccoli passi, dicevamo, perché dopo un paio di EP escono oggi con un nuovo prodotto breve, cinque pezzi per presentare una novità importante: l’ingresso di Alberto “Pernazza” Argentesi alla voce. Il Pernazza è un personaggio unico nel suo genere, non passa inosservato e non si può confondere con null’altro. Il suo stile e il suo modo di cantare lo accompagnano già dai tempi degli Ex-Otago e ora nell’altra sua avventura musicale con i Magellano. Uno stile che o ami o odi, zero vie di mezzo. Uno stile che marca il territorio Victoria Station Disorder in maniera forte.
I cinque brani dell’ Ep “Non è questo il giorno” sono cupi e violenti, sfondano dal basso con arpeggiatori e distorsioni. Una ritmica adeguata che non si lascia prendere la mano dalle mode del momento, delle sincopi glitch o dupstep, ma che segue la sua via.
“Medusa”, il singolo che ha preceduto l’uscita del disco, presentato su Repubblica XL da un video diretto ottimamente da Filippo Rossi, è un pezzo ipnotico che esplode in una ritmica jungle che strizza l’occhio alla techno del secolo scorso.
Un impatto che live diventa potenzialmente devastante, sul disco vive di un valore aggiunto non da poco rispetto alla concorrenza, quello dei testi, tutti in italiano. Si evince in maniera piuttosto chiara che dietro a questo EP ci sia una forte necessità comunicativa. Detto in altre parole: i Victoria Station Disorder hanno voglia di raccontarci qualcosa. Lo fanno a modo loro, con un utilizzo musicale della voce, ripetitivo fino all’eccesso. Ma abbinare una comunicazione pensata e voluta a un tipo di musica che vive solitamente di impatto musicale e visivo è una novità non da poco.
In conclusione un altro piccolo passo ma che ci trasmette un’idea chiara del valore di questa band, ormai pronta per il grande salto, provando a prendersi gli spazi che merita in questa realtà.
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