La digitalizzazione delle emozioni

E’ dei giorni scorsi la notizia dello show ‘virtuale’ di Suzanne Vega su Second Life, un gioco on-line in cui i giocatori interpretano personaggi immersi nella vita di tutti i giorni.
La cantante americana è entrata in uno studio e ha cantato dal vivo accompagnandosi con la chitarra; il tutto è stato ripreso in presa diretta e ‘interpretato’ nel gioco dall’avatar della cantante (il personaggio virtuale del videogioco insomma). Pochi fortunati giocatori hanno potuto assistere con il loro personaggio all’evento, gli altri fuori, proprio come nella vita vera, e pare che ci sia stata anche una bella lotta per accaparrarsi il privilegio.
Al di là delle riflessioni sul reale e sul virtuale, sulla fuga dalla realtà e dai rapporti umani che lasciamo ad altri sicuramente più preparati, ci occupiamo qui delle ripercussioni più prettamente legate all’evento musicale visto che questo rappresenta un passo molto importante nell’evoluzione del business musicale e nel modo di fruire e consumare musica, un vero salto nel futuro.
Una volta la musica era necessariamente evento unico legato alla performance dei musicisti, chi c’era si godeva il concerto e gli altri potevano al massimo farselo raccontare. Poi sono arrivate le registrazioni, dapprima naturalmente di concerti dal vivo, poi con l’evoluzione la registrazione di un disco è diventata un processo completamente slegato dall’esibizione: studi di registrazione, strumenti registrati uno per volta, correzioni con il computer… ma la dimensione del concerto è rimasta sempre quella, con la magia data dall’unicità dell’evento, il filo invisibile che unisce tutti i presenti come succede nei rituali sacri, la tensione unica che si crea con gli artisti che si esibiscono sul palco, a volte anche la fisicità del pubblico, i corpi ammassati, l’adrenalina…  emozioni uniche che scatenano passioni difficilmente confrontabili con qualsiasi altra esperienza.
E oltretutto anche a livello di mercato musicale, nell’era degli mp3 e del download, i concerti stanno diventando il modo principale di guadagnare con la musica, di mantenersi con la propria attività artistica.
Ma in questa modernità asettica e paranoica ci sono persone che preferiscono “assistere” al concerto per interposta persona (virtuale), fare ritrovare i propri avatar in uno spazio (virtuale) insieme a quello dell’artista (virtuale), e di sentire la sua musica trasmessa attraverso la rete.
Tecnicamente è assimilabile a un concerto ascoltato in diretta alla radio, e probabilmente è meno di una diretta televisiva. Però per chi nel gioco è coinvolto in realtà scatta anche il meccanismo della partecipazione, dell’ “esserci” attraverso il proprio personaggio, che nella trasmissione unilaterale dei mezzi tradizionali non esiste. E’ sicuramente facile fare dell’ironia su questa fuga dalla realtà, ma le strade aperte da questi esperimenti possono essere molteplici e variegate, e chissà che non ne venga fuori qualcosa di totalmente nuovo e peculiare.
Inutile dire che continuiamo a preferire l’esserci con il corpo, con i 5 sensi, e non fa niente se la ragazzina davanti a noi urla isterica o se il nerboruto con il chiodo portato a pelle che abbiamo accanto puzza come un muflone, il concerto è un rituale e come tale la presenza è elemento indispensabile. Certo magari nel pogo degli Slayer buttarci il proprio avatar lascerebbe molti più tranquilli….

S.R.

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