“Like A Virgin” compie trent’anni, e Suor Cristina non è Suor Maria Claretta

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Ogni articolo scritto su Suor Cristina cita Sister Act,  dimostrando così che purtroppo, ancora una volta, non ci stiamo capendo niente. Il legame “suora che canta e sogna di diventare una popstar – film del 1992 in cui Whoopi Goldberg da Deloris Van Cartier, una cantante di casinò, si trasforma in Suor Maria Claretta” regge meno delle mie buone intenzioni di iniziare una dieta ogni maledetto lunedì. Suor Maria Claretta, innanzitutto, non è una vera suora, e anche se trasforma delle vere suore in delle vere cantanti, trovo molte differenze tra il “Salve Regina” e “Like a Virgin”, ma magari sono io. E no, nel 1992 non esistevano i talent show, ma non credo proprio che una di loro avrebbe comunque mai partecipato.

Proprio oggi, “Like A Virgin” compie trent’anni. Io nel 1984 non ero ancora nata e non ero nemmeno nei sogni più remoti dei miei genitori che ancora si spacciavano per hippie facendo le sette del mattino alle feste, ma la grandezza del personaggio di Madonna era già arrivata alle mie inesistenti orecchie. Dal 1984 ci chiediamo cosa significhi veramente il testo di uno dei brani più famosi della musica pop, e adesso vogliono farci credere che sia una “preghiera laica”, che possa essere accomunata alla chiamata che riceve una suora quando capisce che la sua strada è quella di sposarsi con Dio. Come una Vergine toccata per la prima volta, ma per piacere.
È come se Antonello Venditti scrivesse l’inno della Lazio, come quando Daniela Santanchè voleva comprare l’Unità, come se io mangiassi un panino al salame: è nonsense, è una di quelle cose che ti fa dire “ma perché?“e ti fa venire voglia di ficcarti in un cannone e di farti sparare su un altro pianeta per non imbatterti più in tali cazzate.
Madonna, nel frattempo, ancora non ha deciso se è d’accordo o no. Prima scrive di essere stata copiata, poi che sono sorelle separate alla nascita e io me la sono immaginata mentre ride così tanto da rotolarsi giù dal divano, sviene e si mette paura quando riapre gli occhi e si ritrova davanti le sopracciglia della figlia Lourdes.

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Intanto mi prendo del tempo per rifletere su me stessa, penso che forse ho dei pregiudizi perché il mondo delle suore è così lontano dal mio che sto prestando attenzione alla forma piuttosto che al contenuto, ma mi ritengo intelligente e grande abbastanza da riuscire a dividere la cantante Sister Cristina dal suo ruolo nella società. Così chiudo gli occhi e ascolto la musica senza farmi fuorviare dal video girato nella stessa città del video originale, dal suo sorrisetto finto, dalle sue occhiate lanciate al cielo e dalle sue mani che si muovono con la stessa grazia di un vigile urbano a piazza Venezia piuttosto che con quella di Beyoncè quando canta “Drunk In Love”. Quello che ascolto non mi piace a prescindere, non mi piace una voce dozzinale che non avrebbe mai vinto The Voice se non fosse stato così strano trovare una suora su quel palco, non mi piace com’è stato trasformato un brano del genere in una ballad pallosa e da colonna sonora di una scena di baci ne “Il Segreto”. E mi ritrovo così a essere più sconvolta di Madonna quando, per la prima volta in vita mia, e probabilmente per l’ultima, mi accorgo di essere d’accordo con quei vescovi che hanno definito imbarazzante quest’azione pubblicitiaria senza pudore, menomale che è d’accordo pure J-Ax, così mi sento meno in crisi con me stessa. Penso a quanto ci si può spingere lontano, ormai, pur di vendere due dischi in più, a quando arriverà il coro della chiesetta del paesello sperduto nella campagna toscana che si presenterà ai provini di Amici coverizzando i Metallica e ce li presenteranno come la più grande novità discografica italiana e voi farete tutti sì con la testa, pura avanguardia, guardate come siamo aperti qui in Italia!

Forse Sister Cristina, in fondo, ha solo capito che se non avesse trovato il modo per far parlare di sè, probabilmente avrebbe venduto così poche copie che la sua nobile scelta di devolvere in beneficienza tutti gli incassi sarebbe stata piuttosto inutile. Bisogna stupire, bisogna spiazzare, è così che si attirano le persone. Ma vedi Sister Cristina, tu la “tieni como todas”, come tutte noi, ma non sei mica la Pausini.

Non puoi pretendere che io mi beva che questa non sia una (mal riuscita) operazione di marketing. Non è irriverenza, non fa ridere, non è divertimento, è una presa in giro. “Like A Virgin” NON PUÒ IN NESSUN MODO ESSERE UNA PREGHIERA LAICA, e il problema non è essere o non essere fan di Madonna (o avere la sua maglietta nell’armadio, o essere andata a vederla in concerto, o immaginare di ballare “Like A Virgin” in mutande e reggiseno per un uomo nella maniera più sexy che puoi mentre il camino è acceso e il vino rosso è già da un po’ in circolo nel vostro corpo ), è fare un semplice ragionamento che ci porta a capire che la musica è un’altra cosa. Mi dispiace Sister Cristina ma non sei suor Maria Claretta, anche perché lei era di gran lunga più simpatica di te. Comunque complimenti, perché ci vuole davvero un gran coraggio.

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