Se non capisci la lingua non scrivere di rap

Se sei fermo ai Beastie Boys o a Jovanotti che fa le corna, fatti un favore, non parlare di rap italiano. Primo perché spari solo cazzate e secondo perché ormai basta, il tuo tempo è finito. Trovati un hobby diverso, vai a pescare.
Dall’alto di questo inutile blog, a volte, mi sento una rockstar. Proprio come Sfera Ebbasta. Ma senza il suo effettivo successo, senza i suoi tanti zeri sul conto e senza tante altre cose che non mi vengono in mente ma che Sfera ha sicuramente più di me. Come Sfera non so suonare una chitarra, non mi sono ancora fatto di eroina, non so cantare, non ho i capelli lunghi e non vivo negli anni ’80. Tutta questa pappardella inutile soltanto per dire che, sì, posso sentirmi una rockstar anche senza essere Jim Morrison. E dovete farvene una ragione.

Oggi nel 2018, il rap italiano sta vivendo uno dei suoi momenti migliori. È un periodo d’oro per gli artisti, anche se non si vendono più dischi come una volta, per i fan, per gli youtuber che fanno le reaction. Insomma, tutti riescono bene o male a mangiare una fetta di torta. Il rap e, in parte, quella cosa strana chiamata indie hanno soppiantato definitivamente il pop, per non parlare del rock italiano morto e sepolto da anni. Alla nostalgica stampa italiana ovviamente non va giù. Parlano di mode, di like e di generazioni allo sbando. Si trovano davanti a un mondo che non è più il loro e che riescono a decodificare solo in parte, fermandosi alle cose più ovvie come i social.

Questo atteggiarsi a sto cazzo sempre con il dito puntato, è ora di dirlo, ha rotto le palle. Piantatela. Se c’è una cosa che mi manda fuori di testa sono i blogger/giornalisti che parlano del rap odierno senza averlo mai ascoltato. Quelli che fanno i supponenti e si sentono in dovere di dire la loro su gente che potrebbe essere loro figlio. Quelli che lo paragonano al rap americano (ma cazzo lo senti che la lingua è diversa?) oppure quelli che bocciano dischi senza nemmeno ascoltarli, spacciandosi per intellettuali quando in verità assomigliano solo allo zio scemo che ogni anno ti ritrovi a tavola durante le feste natalizie.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’ultima uscita discografica di Sfera Ebbasta che, con il suo “Rockstar”, ha mandato in pappa il cervello di molti. Sul web si sprecano articoli, scritti più che altro per far pagine facili e nascondere la testa sotto la sabbia, nel tentativo di prolungare l’agonia delle webze, in attesa che muoiano di morte naturale a causa delle loro continue perdite. 

Chi scrive di rap in questi giorni è frustrato. Si sente escluso da una cosa che non capisce. Si sente vecchio. E come un vecchio davanti a un cantiere commenta con l’amico senza capirci niente. Non capiscono la lingua, parlano e scrivono soltanto perché l’argomento tira.

Il rap ultimamente ha superato nella classifica de “i mali della musica italiana” i ragazzi usciti dai talent, anche se con l’arrivo dei Maneskin è guerra aperta. I primi ad andare contro a questa ondata di trapper, come detto, sono persone così ancorate al passato che come unica tesi hanno la nostalgia. 

E siccome in Italia siamo i numeri uno ad avere paura del nuovo ecco spuntare milioni e milioni di trattati sociologici, che poco hanno a che fare con la musica, intenti a raccontare quanto le generazioni odierne siano allo sbando e sostanzialmente vadano matte per la merda. Schifare il nuovo a prescindere è inutile e porta solo gran confusione. Sarebbe più utile invece cercare di capire cosa delle nuove uscite merita davvero e lascerà il segno rispetto a quelli che la storia l’hanno fatta veramente e magari la stanno ancora facendo.

Di recente in Cina sono nate Zhong Zhong e Hua Hua, le prime due scimmie al mondo clonate con la tecnica della pecora Dolly. I tempi sono cambiati ma non fatevi strane illusioni, nessuno clonerà i vostri beniamini. Questo per dire che ai primi posti delle classifiche ci saranno sempre più prodotti “x,y,z” e nuove rockstar senza chitarra che non andranno a genio. Iniziare a mettere da parte i pregiudizi tornando a parlare di musica, anche se a un primo sguardo distratto la musica non c’è (scusa Coez), potrebbe essere una buona soluzione.