Mi piace pensare che il titolo “100 Giorni Da Oggi”, terzo cd della band milanese Amor Fou, sia in realtà una profezia. Un lavoro intenso e intriso di attualità al punto che sia difficile valutarlo veramente, se non da una certa distanza. Riascoltato oggi, a quasi tre anni dalla sua pubblicazione, sembra appartenere ad un tempo indefinito. Non è il presente, anche se gli assomiglia terribilmente (la costante attualità è prerogativa dei “classici”), e non è ancora davvero un passato degno di essere consegnato alla Storia.
Eppure è passato e i motivi sono molteplici: per prima cosa gli Amor Fou non esistono più, sciolti e seppelliti in qualche modo sotto le nuove carriere dei membri della band. Su tutti Alessandro Raina, leader e fondatore che, pur portando ancora con sé nei live il repertorio della band, sembra se ne voglia separare. In secondo luogo sono i temi toccati da questo lavoro a collocarlo indietro nel tempo, dato che ascoltare “100 Giorni Da Oggi” è un po’ come leggere il giornale di ieri. Non è un passato forte e metabolizzato, è un passato recentissimo. Eppure gli Amor Fou sono riusciti a descrivere uno spaccato storico intenso ed estremamente sfumato in un disco che pur venendo apprezzato non è riuscito ad imporsi per quello che realmente vale. Per questo ne scrivo oggi, perché è sempre meglio valutare certi fenomeni con la dovuta distanza di sicurezza. Per non confondersi in un mare fosco come quello della musica italiana d’autore, perché sarebbe facile azzardare similitudini e fregiarsi dell’essere i portabandiera di un rinato pop “intelligente”, citando Baudelaire o uno qualsiasi dei riferimenti culturali più in voga. Certo, anche gli Amor Fou amano far sfoggio di un certo citazionismo, ma non è tutto qui.
Riascoltavo “100 Giorni Da Oggi” l’altra notte in macchina tornando a casa e anche se conosco a memoria ogni nota, ogni suono ed ogni parola, ne sono rimasto sorpreso. Perché nello scorrere delle canzoni è un continuo susseguirsi di immagini davvero attuali, anche se ormai passate. La metafora stessa della storia della band: una formazione moderna e contemporanea ormai relegata agli ascolti dei nostalgici.
Il viaggio di Raina in Africa si fa sentire all’interno di diverse canzoni in cui il mondo arabo fa capolino molto spesso. Ma non solo, è anche il tema della convivenza tra diversità a ritornare spesso, come ad esempio in “Alì” in cui vi è un parallelo tra i giovani immigrati di Berlino e i ragazzi Milanesi, o in “Primavera Araba” in cui si analizzano storie di vita vissute sulle due sponde del Mediterraneo.
Gioventù e droghe, le primavere Arabe, la decadenza italiana di sottofondo con l’analisi della fine di un’epoca, quella del ventennio berlusconiano e la fortissima critica a tutto quel circo triste e squallido che si è portato con sé. Non solo: l’amore come ricerca fortissima, sempre presente in ogni brano, un amore che non salva o completa ma che si fa complice. C’è lo spazio anche come mai prima d’ora per un’intimità messa a nudo con una forza incredibile, come in “Padre Davvero”, la storia di un tradimento vista con gli occhi del figlio.
Un album accolto molto bene dalla critica e in maniera troppo fredda dal pubblico, ad oggi ancora troppo poco riconosciuto per quello che è: una gemma italiana, un vanto. Non solo per quello che musicalmente gli Amor Fou hanno saputo produrre in questi anni. In questo album si elevano – più che in passato – dal ruolo di musicisti, fino a diventare artisti.
Poiché se l’opera d’arte è ciò che è in grado di parlare e denunciare l’oggi utilizzando strumenti moderni e scuola classica attraverso un linguaggio universale, quello della bellezza, allora “100 Giorni Da Oggi” può fregiarsi di questa considerazione, quella di essere inequivocabilmente una compiutissima opera d’arte.