Ma lo sapevate che Biagio Antonacci è stato rock?

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La gente che frequenta l’Internet è bellissima. “Biagio Antonacci molla il rock? LOL! ASD! Ma lo ha mai frequentato?” è la frase media che circola negli ultimi giorni, visto che l’artista ha dichiarato, prima dei suoi concerti al Forum di Assago, di abbandonare definitivamente il rock per dare spazio a “sonorità più sussurrate”.

Ecco, tolta la parola “sussurrate” che fa ridere di suo, ciò che causa più ilarità di tutta sta vicenda è il fatto che la gente parli dell’argomento pensando di avere titolo di dire la propria opinione sull’argomento; gli stessi che magari ironizzano su Vasco quale esponente massimo del Rock italiano, o che degli anni d’oro del progressive italiano ricordano a malapena l’ottima PFM. O che ancora si gasano con protagonisti indie rock che durano se va bene un paio d’anni. Sì, tutti infettati dalla famosa malattia del pesce rosso: se teniamo conto della situazione media del nostro paese, negare che Biagio Antonacci sia stato un rocker significa voler negare l’evidenza. E se dal vivo lo è stato almeno fino all’ultimo tour, in studio lo è stato per buona parte degli anni Novanta, diciamo fino a quella “Iris” che gli ha fatto capire che con le ballatone sarebbe andato ad imballare San Siro da lì a pochi anni.

Non siamo qui a difendere l’opera omnia di Antonacci, come non siamo nemmeno qui a dire che bisogna metterlo allo stesso livello di icone del rock nazionale contemporaneo come i Timoria, Vasco Rossi o i Litfiba, o ancora il Liga dei primi quattro dischi (lasciando stare gli ottimi Afterhours, Marlene o Verdena in campo alternative). Biagio si è costruito la carriera con brani pop e con alcune delle ballad più famose degli ultimi anni, ma negare che la sua carriera non sia stata rock, lo ripetiamo, significa dire una cazzata.

Basterebbe citare una canzone per smontare ogni risata altrui: “Non è mai stato subito“. Un pezzo che se lo avesse pubblicato una band statunitense o inglese ci costruirebbe ancora attorno tour mondiali, manco fossero dei Loverboy a caso. Su “Non E’ Mai Stato Subito” c’è tutto: la botta rock, la batteria terremotante e il basso tellurico (cit.), gli acuti e l’assolo di chitarra.

La chitarra. Sì, perché negli anni Biagio Antonacci si è fatto accompagnare da chitarristi maiuscoli. In pochi ricorderanno Gabriele Fersini, in tanti Massimo Varini, storico collaboratore sia in studio che dal vivo e musicista con i controcazzi. Da non dimenticare anche la presenza di Mattia Bigi, sottovalutatissimo bassista noto anche ai metallari per la sua militanza negli Extrema. Il mix di questi artisti forma una miscela esplosiva nei live, dove più volte in passato (anche nei recentissimi tour nei palasport) i nostri hanno dato filo da torcere a rocker più navigati. Basti pensare che, per fare un esempio, nel tour di un anno fa veniva suonata la coda di “Burn” dei Deep Purple nella versione dal vivo della già citata “Non è mai stato subito” (vedi sopra), aperta tra l’altro da una citazione del giro iniziale di Rebel Yell di Billy Idol.

In definitiva, inutile voler fare a ogni costo views, raccogliere commenti facili o darsi di gomitini andando a prendere in giro un artista che ha scritto brani di pop rock di assoluto rispetto all’interno della musica leggera italiana. Magari le scelte stilistiche degli ultimi anni non sono state entusiasmanti, ma i video qui sotto sono a testimoniare che, a modo suo, Biagio Antonacci è stato davvero rock.

https://www.youtube.com/watch?v=BDNMuElbe7g

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