Musica su politica: il concertone del 1 Maggio è sempre stato espressione in note dei valori che portano le persone semplici, che lavorano, faticano per avere quella cosa essenziale a delineare l’esistenza di un uomo, la dignità. Rassegnati all’idea che i grandi parolieri italiani sono ormai cenere nelle urne dei cuori degli amanti della musica, devono essere sostituiti dal panorama musicale italiano contemporaneo.
Il problema sorge dal fatto che i gruppi che vanno ora per la maggiore sono drammaticamente sconnessi dalla realtà della gente comune, della grande massa che lotta per emergere, per procurarsi le condizioni minime soddisfacenti per avere una vita dignitosa, in lotta per avere quel posto di lavoro che dovrebbe essere requisito minimo concesso con l’appartenenza a una Nazione e a una comunità, ma che invece è diventata una chimera per pochi fortunati.
Guardando questo Concerto del 1 Maggio 2017 alla televisione, salta subito all’occhio la freddissima partecipazione del pubblico. Un pubblico che è sempre stato una massa in movimento colorata e straripante, quest’anno assiste immobile alle canzonette presentate sul palco.
Perchè di questo si tratta, canzonette. Senza mordente, senza cultura musicale, ma solo una sottocultura dettata da slogan in pillole attaccati tra di loro in una catena di Sant’Antonio della banalità. In radio, su YouTube, condivisi sui social i pezzi di questa “Italian Wave” hanno un senso. Ma quando devono sudare su un palco, entrare sotto i nervi degli ascoltatori, questi cavalli di battaglia dell’indie italiano si sgonfiano come palloncini.
Siamo al punto di avere nostalgia del lambrusco e pop corn di Ligabue, il suo rock genuino e semplice, ma comunque rumoroso e energico. Della vita spericolata di Vasco, del suo pubblico sopra le righe e per certi versi limitato. Loro hanno mille detrattori, posso piacere e possono essere odiati, ma una cosa non può essere negata. Parlano diretti ai loro fan, con una potenza comunicativa impressionante.
Questi gruppetti che impregnano il palinsesto del Concerto del Primo Maggio 2017 non dicono niente della gente che va al Primo Maggio. Certo incorniciano un certo tipo di società italiana contemporanea e lo fanno molto bene, ma a questo tipo di concerto sono fuori luogo come i figliocci di quei datori di lavoro che a questo pubblico il lavoro lo negano.
Con il loro linguaggio forbito, la loro poesia destrutturata, le loro situazioni leggere e effimere, il loro gusto ricercato nell’esprimersi e nel vestire, sono lontanissimi dallo spirito di questa festa in musica. Persino il loro modo di usare gli strumenti, o di non usarli, lo è. Le loro accordature e arrangiamenti sono freddi, non coinvolgono la massa. La massa è ancora di Ligabue e di Vasco e non pensavo che lo avrei mai detto, c’è da essere grati di questo.
Questa tendenza a prediligere questo tipo di musica e questo tipo di fruizione musicale ha forgiato la peggiore generazione da concerti che il nostro paese abbia mai visto. In contemporanea con un aumento a dismisura del numero di concerti e di partecipanti ai live, la qualità delle folle è diminuita. Il nuovo pubblico è come la nuova “Italian Wave”, è snob, freddo, poco propenso a lasciarsi andare. Pondera tutto e la musica non riesce più a disinibirlo, niente riesce più a distoglierlo dalla composizione del prossimo status sui social.
La cultura musicale se n’è andata e ha lasciato un buco sul quale stanno infilandosi decine di gruppi che fanno la loro bella figura nei contenitori mediatici, ma sui palchi lasciano perplessi persino i loro sostenitori.
Nel momento in cui questo pezzo prende vita, i Planet Funk a Roma hanno finalmente risvegliato il pubblico che si stropiccia gli occhi e si chiede dove è stato nelle passate ore. Ci voleva Dan Black. Musica, benvenuta, era ora.