Concerto del Primo Maggio a Roma dal retropalco: quello che non si vede (ma c’è)

Viste da dietro, le cose hanno un senso diverso. Tutto quello che non si vede da piazza San Giovanni e che le telecamere della Rai non ti mostrano nemmeno di striscio, ma che viene catturato dall’occhio umano curioso. La curiosità non è un male, impicciarsi a caso rovinando i lavori altrui sì. Ma sto divagando e sto andando troppo avanti.

Il Concerto del Primo Maggio 2017 l’ho vissuto nel retropalco di piazza San Giovanni per due giorni; assieme a me, almeno duecento persone munite di pass al collo a passeggio in un’area vastissima, foderata di teloni verdi che disegnano le varie zone con cartelli di accesso e direzione. Una sorta di campeggio per gli addetti ai lavori, un grande mischione tra tecnici, fonici, operai di palco, musicisti, studenti, fotografi, giornalisti, personaggi, curiosi, figli di. Tutti insieme a guardare le pance dove cade il pass col suo cordino, per intuire in anticipo chi sia vip e strappare una dichiarazione o un selfie.

Si parla tanto di lavoro, e c’è anche chi si sta facendo le ossa: sono gli studenti di un liceo di Roma che partecipano per un progetto di “alternanza scuola-lavoro” con le loro fotografie. Sono tardoadolescenti romani pieni di sogni da esprimere: hanno le lingue taglienti e gli sguardi furbi, ma appena passa Clementino diventano tutti rossi e gli chiedono foto balbettando. Lui è felice e non si nega, anzi: nel pomeriggio lo troveremo a prendere il sole in area stampa, incurante della testa che inizia a diventargli rossa, mentre manda messaggi vocali agli amici. Massimo Bonelli, l’organizzatore del concertone assieme a Carlo Gavaudan, lo prende in giro mentre si gode un raro momento di relax: “Riposati!” gli dice con un mezzo sorriso.

Edoardo Bennato raccoglie consensi, soprattutto da parte di Beatrice: “Avere un suo autografo e stare così vicino a lui, avere l’opportunità di fotografalo è stato il massimo per me: non capivo più nulla” ci ha raccontato, rossa in faccia per l’emozione e il sole preso in tutta la giornata.

Mi ha colpito molto tutto l’impegno, la dedizione e il lavoro che c’è dietro, credo siano proprio tutti i vari tecnici e operai a rendere questo evento quel che è” ci racconta Eleonora. Nicole è felice di aggirarsi nel retropalco: “È stato bello entrare in contatto con un mondo che crediamo sempre molto lontano“, mentre Giorgia diventa quasi poetica nel raccontare il suo punto di vista: “Il brivido di poter vivere le proprie passioni in contemporanea si dovrebbe provare almeno una volta nella vita“. Ne è convinta Roxana: “La musica riesce a fare da colla, essere un punto d’incontro per tutti“.

In questo Primo Maggio cominciamo a essere tanti e dove si è in tanti si annida la vera caciara. Più che la musica, però, a fare da collante è sempre il buffet di fave e pecorino, porchetta, pasta fredda e insalata di riso. Poca gioia per i vegetariani ma meno male che il pane c’è.

I giornalisti si tirano dei tagliafuori nelle costole come nemmeno nei migliori derby Virtus-Fortitudo di basket, i fotografi dondolano come muli pomellati con le attrezzature, gli uffici stampa hanno le orecchie surriscaldate dai cellulari impazziti. Le linee telefoniche, manco a dirlo, non reggono l’urto e con discrezione appaiono anche i primi powerbank, non si può stare col telefono scarico. In mezzo a tutta la bailamme, i cantanti e i gruppi musicali: chi disponibile a parlare persino con le impalcature della Metro C, chi si fa quasi ectoplasma nell’attraversare i controlli degli addetti alle aree.

È straniante vedere gli artisti stare tra di loro come le persone normali. Ermal Meta si produce in mosse da Maradona per dribblare la stampa, ma nei camerini si rolla un sigaretta e se la fuma in serenità scambiando sorrisi e chiacchiere con Vasco Brondi, tallonato dal suo efficiente ufficio stampa, e con Samuel che porta in spalla una sporta di tela griffata Sorrisi & Canzoni. Levante è una chiacchierona disponibile, interloquisce con tutti, concede foto e abbracci, sfoggia stivaletti bianchi che non avrebbero sfigurato addosso a Nancy Sinatra.

Brunori Sas arriva nel tardo pomeriggio e si concede un abbraccio affettuoso con Francesco Motta: sono così diversi fisicamente e nella scrittura dei brani che è come vedere due pianeti in collisione. Tanto è schivo il cantante de “La fine dei vent’anni”, che vederlo sorridere è un evento raro; mentre ai sorrisi di Dario Brunori, in completo blu elegante quasi venisse da un matrimonio e passasse per caso nel retropalco del Concertone, siamo quasi abituati.

I ragazzi de Lo Stato Sociale spizzano le numerose fanciulle in giro per il backstage con occhi interessati prima di entrare in concentrazione pre-esibizione. Tocca anche a me la squadrata e probabilmente passo l’esame, perché ricevo uno sguardo di approvazione. I La Rua stanno mezzi spogliati nel camerino e si preparano in fretta perché hanno anticipato la salita sul palco, Samuel sbircia dal suo con aria annoiata. I Public Service Broadcasting non se li fila nessuno ma loro si godono tre innocenti birrette, commentando sottovoce. Bombino ha un’aura di svagatezza felice che conquista persino gli uomini della Questura di Roma, e corrono a chiedergli selfie.

La giornata del 1 Maggio sta per finire, almeno per me. Sono nel retropalco, una luce fioca dirada leggermente il buio. I tecnici, le persone che si fanno il vero culo in queste situazioni, sono nervosi: non è stanchezza, sono i momenti di tensione in arrivo. In un attimo si crea un blocco nel flusso delle persone. Resto immobile per dare meno fastidio possibile, il telefono stretto in mano, lo sguardo che si abitua all’oscurità. Incrocio un brillìo: sono gli occhi concentrati di Tom Smith degli Editors, che passeggia per la sua porzione di palco girevole in camicia blu a mani giunte, cercando di concentrarsi. Ci guardiamo per un microsecondo. Il tecnico di palco, fermo ma gentile, mi chiede di scendere con un sorriso e io annuisco con la stessa moneta.

Fendo la piazza sotto la pioggia, le note degli Editors dal palco, la gente balla intorno a me. La mia prima volta nel retropalco, in fondo, è stata una lunga attesa dietro l’altra: ma dentro di me sorride la sedicenne che avrebbe fatto carte false per essere a Roma il 1 maggio e stare sul palco a godersi le prove di Samuel. Obiettivi raggiunti.

Fotografie a cura di Giuseppe Maffia.