Il mio Festival di Sanremo 2017

Il Festival per me é quella cosa che ha il sapore di casa, di famiglia ed unione. Era la gara ad indovinare la classifica e cantarle tutte già dal primo ascolto, era la sera in pigiama sul divano quando gli occhi si chiudevano e tu cercavi di combattere la resistenza delle palpebre che ti dicevano chiaramente “Elena vai a letto che domani c’è scuola”.

Poi ci fu il Sanremo della promozione radio, ormai 10 anni fa, con un duo di coetanei e la speranza di cambiare il mondo, o solo quello musicale. Il festival é ritornato, poi, ad essere quello della scrittura, dell’ascolto critico. Sino ad oggi, che il tempo non é sabbia ma é la vita che passa, canta la Mannoia e in fondo ti accorgi, oggi, che ha ragione. Il Sanremo 2017 ha un connotato diverso, vuoi per la mia nuova condizione di donna, ma anche di madre. Dove l’ascolto non avviene più per tecnicismo, ma per pancia che vibra. Dove quel “cambia le tue stelle se ci provi riuscirai” glielo inizi a cantare nelle orecchie a tuo figlio quasi fosse la ninna nanna più preziosa al mondo. Il Festival 2017 é quella delle corse, delle interviste spostate, della poca voglia di fare promozione da parte degli addetti, o solo il poco tempo dico io. É il Wi-Fi che non funziona proprio hai scritto il tweet del secolo, ma il momento passa. Sono le montagne russe con i fusorari, che Carlo Conti ci ha insegnato a viaggiare nello spazio temporale ed alzare la soglia della sopportazione personale delle ore -poche- dormite.

Il Festival di Sanremo 2017 é la voglia di cantare ogni nota con amici e colleghi, ritrovandosi a fare previsioni sul papabile podio che in confronto Giucas Casella sembra esser un principiante e la IPSOS sbaglia sempre. Le liti sui voti da dare e i confronti su applausi, esclusi e vincenti, al punto che ognuno sembra detenere la sua verità. Gli outfit da criticare ed annotare, il bacio tra Robbie Williams e The Queen Mary, che é stato l’invidia di tutte noi ex-adolescenti. Il grazie sentito a Crozza che, piaccia o meno, ha raccontato la donna in Italia meglio di quanto una del mio stesso sesso avrebbe potuto fare.

Sanremo 2017 sono le persone accalcate fuori dagli hotel in cerca di una foto, che per sbaglio finirai in qualche album ricordo di Facebook di uno sconosciuto qualsiasi. Sono le cene davanti alla TV di molti, o il #mangiamoqualchesnackperriempirelostomacochenonabbiamotempo di altri. Il Festival 2017 sono, come ogni anno, le critiche puntuali di chi dice di non guardarlo ma poi l’occhio lo butta sempre per giudicare. Sono le anticipazioni del Roof e le smentite di fughe di notizie, che ti ritrovi a rettificare, quindi la rettifica, della rettifica alla notizia precedente. É l’esibizione di Samuel a Casa Sanremo, ma vogliamo non menzionare quella di Ermal Meta o di Fabrizio Moro?

Sanremo 2017 é la stanchezza fisica atavica di chi lo segue attivamente sul campo ma anche in TV, perché ci vuole fegato a star svegli sino all’1.10 per la serata delle cover. É Maria De Filippi, The Queen Mary, che sdogana la cortina Mediaset/Rai e fa sorridere quella sua deformazione alla C’é posta per te. É Carlo Conti, che per la sua ultima conduzione, decide di proporre ventidue, anzi, VENTIDUE cantanti in gara che ti chiedi se ce n’era davvero bisogno, ma alla fine ti rispondi di sí, perché anche se Al Bano é quel trashbuoncostumeitaliano, ci piace anche lui. Perché tutti cantano Sanremo, o tutti semplicemente ne parlano nel bene o nel male.
Arrivata alla finale, vi dirò, sí Sanremo é una competizione, ma a conti fatti, quel risultato ora poco importa, ora voglio solo cantare, passando da “Fatti bella per te” sino a “Di rose e di spine”, perché Sanremo sono le compilation che ti ascolti in macchina, per portarti quei brani dentro per un altro anno, sino al prossimo Festival di Sanremo.

Da Sanremo, Elena Rebecca Odelli (visibilmente in clima Sanremo qui sotto, ndr)

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