Intervista a Luca Garrò, giornalista

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Il nome di Luca Garrò è stato uno di quelli maggiormente presenti negli ultimi anni all’interno delle testate musicali online e cartacee. Ed è uno sfizio piacevolissimo intervistarlo sulle pagine del sito che lui stesso ha contribuito in prima persona a creare diverso tempo fa…

Con quali testate musicali cartacee/online lavori/hai lavorato?
Outune.net, che ho contribuito a fondare e a rendere ciò che è oggi. Onstage magazine, cartaceo e online, Rock Hard, Rolling Stone, cartaceo e online, Classic Rock, Jam, Classix, Classix Metal, Rockstar, Rocksound, Groove, Playmusic, Suono, Outsider, Myword, corrieredellamusica.it. E forse qualcosa che mi sono dimenticato.

Scrivi di musica tutt’ora?
Sì. Ho provato a smettere più volte, ma non ce la faccio.

La tua mansione principale attuale è il giornalista?
No, lavoro nel sociale.

Perché l’editoria tradizionale è scomparsa o è comunque in agonia da anni? E’ solo colpa degli editori?
Credo che i fattori siano molteplici e non semplicissimi da individuare con certezza. Di sicuro, gli editori hanno avuto un grosso ruolo nella faccenda, soprattutto perché in genere è gente che con il settore ha poco o nulla a che fare. Ti puoi inventare editore di gossip, ma in questo settore è più complicato lavorare senza avere idea di quello di cui si parla. Spesso, poi, editori sbagliati scelgono redazioni sbagliate o pensano basti il nome della testata per andare avanti col pilota automatico. Credo tuttavia ci sia una mancanza generale di cultura riguardo l’argomento, giornalisti e lettori compresi.

Quanto internet ha cambiato l’editoria e in particolare modo quella musicale? Quanto credi che i social network abbiano influito nel cambiare (potenziandoli, diversificandoli o depotenziandoli) il ruolo degli stessi? Pensi che una fanpage sia allo stato attuale più o meno importante del sito stesso?
Si pensa che internet abbia distrutto l’editoria musicale, così come fatto con la vendita dei dischi. La realtà credo sia più complessa. Sono convinto che, per entrambe le cose, il vero problema fosse già contenuto nella modalità in cui queste venivano trattate da sempre. Si credeva che alla gente sarebbe sempre andato bene quel sistema di trattare l’argomento, che bastava fare il minimo per andate avanti per sempre. Internet, invece, ha permesso alla gente di capire che non c’erano solo quelle quattro riviste scritte dagli stessi che lavoravano nel settore da quarant’anni e non avevano nemmeno più voglia di mettersi in gioco. Come tutte le caste, l’editoria musicale è stata e forse è ancora in mano ad un’oligarchia che non vuole intrusi. E in questo modo muore lentamente. Paesi culturalmente più elevati come il Regno Unito dimostrano che grandi riviste possono continuare a convivere con la rete. I social network oggi contano quasi più dei siti stessi.

Come convivi con la notorietà nell’ambiente e con l’essere preso come riferimento da altri colleghi per quanto fatto fino a oggi?
Onestamente, non ho la percezione della notorietà nel settore. Dopo tanti anni, forse qualche giovanissimo ha letto un po’ delle mie cose. Penso di non aver mai rotto i coglioni a nessuno nel settore, da una parte all’altra della barricata e quindi credo di non essere visto con antipatia da molti. Ad ogni modo, mi interessa poco: scrivo per sopravvivere.

Perché secondo te c’è così tanta gente che fa, o prova a fare, il tuo stesso mestiere? C’è a tuo parere sufficiente preparazione? C’è solidarietà tra colleghi o aspiranti tali, oppure prevalgono invidie e frustrazioni?
Chiunque, probabilmente a ragione, crede di poter scrivere di musica, così come negli ultimi anni sono tutti fotografi. Effettivamente chiunque può farlo, ma con gli anni noto una sempre maggiore mancanza di cura in chi scrive. Credo che una volta ci fosse dietro una filosofia diversa, che spesso nascondeva tratti maniacali. Ma forse sono i soliti discorsi da “si stava meglio quando si stava peggio”. Di certo c’è moltissima gente che scrive davvero bene, controbilanciata da un buon numero di capre. Per quanto riguarda la solidarietà, penso sia qualcosa di generalmente alieno: troppa paura di perdere il proprio status. Devo ammettere che personalmente, tuttavia, ho incontrato persone senza le quali non avrei scritto mezza riga e che non finirò mai di ringraziare. Inoltre, ho incontrato una manciata di persone davvero speciali.

Quali sono i tre momenti/servizi migliori (professionalmente parlando) che hai vissuto/realizzato fino a questo momento?
Difficile scegliere, le classifiche mi mettono sempre in difficoltà. Probabilmente l’invito alle celebrazioni dei quarant’anni dei Queen, il servizio su Paul Simonon dei Clash a Londra e il giorno in cui ho pisciato con Iggy Pop.

Come vedi il mondo dell’editoria musicale online da qui a tre anni?
Più o meno come oggi, con siti storici che non ce la faranno e altri che nasceranno. Come è sempre accaduto anche per le riviste cartacee. Sono curioso di capire se i talent show continueranno a ricoprire il ruolo di faro che detengono oggi.

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