Massimo Longoni collabora con Tgcom24 ed è una firma che in molti hanno trovato su mensili come Jam, Guitar Club e Onstage. La sua esperienza però comincia con le fanzine diverso tempo fa.
Con quali testate musicali cartacee/online lavori/hai lavorato?
Le prime collaborazioni a livello musicale sono state con alcune fanzine di heavy metal. Poi ho scritto per mensili come Jam e Guitar Club.
Scrivi di musica tutt’ora?
Sì, attualmente collaboro con Tgcom24 e Onstage, sia cartaceo che web.
La tua mansione principale attuale è il giornalista?
Sì, anche se non scrivo soltanto di musica.
Perché l’editoria tradizionale è scomparsa o è comunque in agonia da anni? E’ solo colpa degli editori?
E’ un bel concorso di colpa. Se parliamo di editoria musicale, ma il discorso di può estendere ad altri ambiti, di sicuro c’è il fatto che determinati editori hanno iniziato a pagare sempre meno o addirittura a non pagare chi collabora. Il risultato è stato in molti casi un impoverimento della qualità dei prodotti. Già in Italia si è sempre letto poco, ma se a un certo punto quello che si legge non vale la pena di una spesa, quotidiana, settimanale o mensile che sia, è normale che la gente fugga.
Quanto internet ha cambiato l’editoria e in particolare modo quella musicale? Quanto credi che i social network abbiano influito nel cambiare (potenziandoli, diversificandoli o depotenziandoli) il ruolo degli stessi? Pensi che una fanpage sia allo stato attuale più o meno importante del sito stesso?
Internet ha ucciso l’editoria musicale, più di quanto non abbia fatto con la musica stessa. L’offerta si è moltiplicata e online puoi trovare oggi talmente tanto materiale che comprare un giornale cartaceo si è ridotto a una pratica quasi feticista. Perché dovrei comprare un mese dopo un giornale con la recensione di un album che posso ascoltare gratis online il giorno stesso dell’uscita? Per non parlare delle notizie sui cantanti che uno segue, che può avere giornalmente via social, magari pure scambiando due parole, o avendo l’impressione di farlo, con il proprio idolo. Noi “addetti ai lavori” possiamo farne una questione di qualità dell’informazione, ma temo sia un problema che interessi solo noi e una piccola percentuale di chi legge.
Come convivi con la notorietà nell’ambiente e con l’essere preso come riferimento da altri colleghi per quanto fatto fino a oggi?
Non credo di essere preso come riferimento da nessuno. La notorietà in questo ambiente riguarda pochi esponenti che l’hanno ottenuta soprattutto grazie ad alcune apparizioni televisive. Online “la firma” conta poco o nulla. Da quel punto di vista vale di più un profilo twitter ben gestito, ma parliamo di un’altra cosa.
Perché secondo te c’è così tanta gente che fa, o prova a fare, il tuo stesso mestiere? C’è a tuo parere sufficiente preparazione? C’è solidarietà tra colleghi o aspiranti tali, oppure prevalgono invidie e frustrazioni?
La musica è un po’ come lo sport, chiunque pensa di essere in grado di scriverne perché è un argomento che fa parte della propria vita quotidiana. E poi l’idea di incontrare i propri “idoli” è una calamita non da poco. Il punto è che se parliamo di giornalismo musicale bisognerebbe mettere insieme i due elementi: conoscere a menadito l’intera discografia di Frank Zappa non basta se poi hai problemi con l’italiano o non sai costruire un articolo con un minimo di senso. Credo che solidarietà e invidie si bilancino abbastanza anche se nella mia esperienza, per fortuna, ho incontrato molto più della prima.
Quali sono i tre momenti/servizi migliori (professionalmente parlando) che hai vissuto/realizzato fino a questo momento?
Una a caso tra le diverse volte che ho avuto modo di incontrare Steve Wilson, non solo un genio musicale ma uno che ogni volta ha qualcosa da dire. Poi un’intervista fatta Milano con Joan As Police Woman, quei rari casi in cui un’intervista si trasforma in un dialogo (quasi) alla pari. E infine un’indimenticabile intervista con Ritchie Blackmore, realizzata all’una di notte, a Berlino, in un camerino illuminato solo da candele.
Come vedi il mondo dell’editoria musicale online da qui a tre anni?
Dovrei dire sempre peggio, se non cambia niente. In realtà sono un inguaribile ottimista e credo che ci troviamo in mezzo a un periodo di passaggio. Mi auguro che da qui a tre anni le cose si saranno in qualche modo assestate in meglio.