Perché la reunion dei Misfits nel 2016 è (tutto sommato) coerente

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40 anni fa due ragazzotti italoamericani appassionati di football e di horror hanno segnato senza quasi accorgersene (sul momento) la scena punk internazionale. I Misfits, Glenn Anzalone e Gerald Caiafa, sono saliti su un palco, pur non essendo neanche in grado di tenere in mano un microfono o un basso, e hanno scosso profondamente le fondamenta di un movimento fatto di denuncia sociale e capelli colorati. Anarchia sì, ma quella stabilita dalla legge marziale post apocalisse zombie, e celebrazione casuale dei peggio B-movie. Creste? Nah, meglio il devilock, il corpsepaint e i visual da festa di Halloween del liceo.

Chi ha dato inizio all’horror punk non poteva essere messo peggio. Dei disadattati insomma. “The Misfits”. Gente con un ego talmente spropositato da non riuscire a tenere insieme una band con la stessa line-up per più di una manciata di mesi, entrando così nella leggenda e assurgendo allo stato di cult assoluto, a cui diversi gruppi continuano a pagare pegno anche oggi. E non stiamo qui a raccontarvi i casini legali, le mezze reunion e le beghe. Per quello c’è Wikipedia.

A me i Misfits sono entrati nel cuore tardissimo. Avevo sui 23 anni, non ascoltavo punk da una vita, ma ero da qualche tempo in fissa con i Metallica. Quindi scarica, leggi, scartabella, informati, ed ecco che salta fuori “Die Die My Darling” e che mi capita tra le mani un libro eccezionale, “American Punk Hardcore” di Steven Blush. Boom. È amore (in differita) a prima vista. E capita pure che nel 2009 i Misfits fanno anche un salto in Italia. Pur di non perdermeli, mi butto sul primo treno per Genova ritornando fresca come una rosa il mattino successivo al lavoro a Milano. Che dire, lacrime. Ma non di gioia, come è facilmente intuibile.

Jerry Only, l’unico pezzo originale, alle voce è inesistente. Il mito che mi ero creata appena un anno prima mi si sgretola tra le mani come una mummia millenaria estratta da un sarcofago. “Meglio lasciarli lì dove sono e tenersi i dischi”. Mi consolo anche con ripetuti ascolti dei Samhain e di “Lucifuge”, mettendomela via in qualche modo. Poi, qualche mese fa, arriva l’annuncio della reunion della formazione originale dopo 33 anni dall’ultimo concerto insieme. Il cuore salta un battito, ma cinicamente penso alla buffonata, al bisogno di soldi che dopo cause decennali avrà dissanguato i già risicatissimi fondi delle controparti.

E mi sono detta mezzo secondo dopo, chi se ne frega.

Per saldare i debiti si fa molto di peggio che tornare su un palco con gli amichetti del liceo. E un pezzo da novanta. Ecco, anche la presenza di Dave Lombardo durante il primo show della reunion al Riot Fest lo scorso 4 settembre ha creato diverse polemiche. Ma che sia anche qui per soldi, per marketing, o semplicemente perché gli girava di fare così poco importa. Sicuro il suo apporto, come quello del chitarrista Acey Slade, in forza nei Blackhearts di Joan Jett, è stato decisivo nella riuscita dello show, se contiamo che Jerry Only e Doyle Von Frankenstein più che spararsi pose non fanno, e Danzig cede spesso il microfono al pubblico perché obiettivamente non ce la fa più.

Proprio il buon Glenn ha scelto la scaletta dello show di Denver, selezionando con le pinze solo ed esclusivamente i pezzi scritti da lui dal 1977 al 1983, tralasciando qualsiasi altra produzione extra-Danzig. Pare che sia stato Jerry Only a spingere il frontman a comporre in autonomia la scaletta, si dice dopo un ultimo fatidico incontro con gli avvocati prima del quale i due avversari erano pronti con i coltelli in bocca peggio di Rambo, per poi uscirne docili come agnellini e amici più di prima. Che cosa sia successo in quella stanza non lo saprà mai nessuno. Chi avrà fatto il voodoo a chi?

Il 18 settembre sarà il turno della seconda e ultima (per ora) data degli Original Misfits a Chicago. Ma sono sicura che a breve verranno annunciate altre date perché secondo me, sotto sotto, non è solo una questione di bling bling. Vedere migliaia di persone sotto il palco solo per te, a cantare ogni singola parola delle tue canzoni, con la tua maglietta è una cosa che va al di là del vile denaro. Se vogliamo è ancora peggio, perché sono la sete di fama ed egocentrismo, ma se non se lo può permettere chi ha avuto il privilegio di influenzare i Metallica allora non lo può fare nessuno. Che poi la sensazione sia quella di essere al museo delle cere è un altro discorso. Anzi, forse non lo è, visto che si parla di horror punk dopotutto…

https://www.youtube.com/watch?v=j3MgBPiI_jU

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