A due anni dal loro ultimo sold out italiano, lunedì 10 aprile 2017, abbiamo avuto il piacere e l’onore di fare due chiacchiere con Alex Gaskarth e Jack Barakat degli All Time Low che, prima di calcare il palco dell’Alcatraz per un altro show sold out, ci hanno svelato qualcosa sul loro prossimo disco “Last Young Renegade”, in uscita il 2 giugno per Fueled By Ramen. Se invece volete sapere com’è andato il concerto, trovate qui il report e le foto.
L’artwork del vostro nuovo album contiene un sacco di elementi apparentemente diversissimi tra loro, quali un polpo, un dragone e un’automobile, che immagino assumano però un significato simbolico, non è così?
Alex: Si, esatto. Ognuna di queste figure si lega ad uno o più brani perché l’artwork, essendo stato ideato successivamente, parte proprio da quelle che sono le varie tematiche trattate all’interno dell’album. Oddio, nessuno dei nostri testi parla di acqua [ride], quindi il polpo rappresenta un senso di oppressione, quasi di asfissia. Potete vedere poi una macchina, che simboleggia un viaggio, una musa, un dragone che si fa simbolo di un comportamento distruttivo e ancora dei diavoletti. Sam Spratt è stato in grado di dare ad ogni traccia una nuova veste grafica e di combinarle tra di loro, creando così una meravigliosa visione d’insieme. È stato davvero bravo.
Abbiamo già visto l’automobile in “Dirty Laundry” e “Last Young Renegade”, potremmo quindi avvistare gli altri simboli nei prossimi video?
Alex: Si, è probabile. Tra l’altro, questi due video sono in qualche modo connessi tra loro, dobbiamo ancora pensarci ma è possibile che anche i prossimi lo siano.
Alex, hai descritto il nuovo album come un viaggio che ha come ultima meta la realizzazione di se stessi. Come se ogni traccia rappresentasse una diversa parte di noi, di quello che siamo.
Alex: Bravissima, hai centrato il punto. C’è questo personaggio che intraprende un viaggio e durante il suo percorso si ritrova a vivere un sacco di esperienze, anche negative, e si scopre capace di affrontare le difficoltà, di riconoscere tutto ciò di cui non ha bisogno e lasciarselo indietro. Ogni brano rappresenta quindi una tappa di questo viaggio che, nella vita, tutti ci ritroviamo ad affrontare. Mi sembrava un buon punto di partenza per l’album.
Jack: Le persone sono dinamiche, cambiano. Per cui ogni traccia rappresenta una diversa fase della vita, una sfumatura che poi forma quella che è la personalità di un individuo.
Quanto ci avete impiegato a scrivere e registrare questo nuovo lavoro?
Alex: La creazione di questo disco ci ha tenuti occupati per circa un anno. Sebbene le registrazioni siano durate solo tre o quattro mesi, c’è voluto più tempo per capire che impronta volessimo dargli.
Siete stati anche in tour l’anno scorso, proprio non vi fermate mai?
Jack: A dire il vero l’anno scorso i nostri tour sono stati più brevi del solito, quindi abbiamo avuto più tempo a disposizione.
Alex: Io comunque riesco a lavorare anche quando siamo in tour. Manteniamo viva la nostra creatività e ci teniamo impegnati.
A giudicare da quello che abbiamo ascoltato finora, possiamo affermare che il vostro sound è cambiato ancora una volta. “Future Hearts”, pubblicato nel 2015, si distaccava già dai precedenti lavori. Poi avete detto di aver ascoltato molto David Bowie, Prince e George Michael. In che modo questi artisti vi hanno influenzati nella stesura del nuovo materiale?
Alex: Sebbene si distacchi dai precedenti e segua una sorta di processo di maturazione che partiva da “Future Hearts”, credo che questo album rispecchi fortemente la nostra identità. Al contempo, però, c’era in noi la voglia di sperimentare, così abbiamo aggiunto dei suoni che alla fine ci hanno aiutato a definire la visione complessiva dell’album.
Come ha risposto il pubblico a “Dirty Laundry” e “Last Young Renegade”?
Alex: Il responso del pubblico è stato meraviglioso. Penso che inizialmente ci sia stata una perplessità generale, poiché hanno entrambi un sound diverso e inaspettato.
Jack: E questo era esattamente quello che ci aspettavamo, cioè che il pubblico non si aspettasse l’inaspettato [ride].
Alex: Era questo l’effetto che volevamo creare. Non vorremmo mai diventare prevedibili o, peggio, banali. Perché se si rimanesse sempre uguali, si rischierebbe di svanire e far perdere interesse. Se non ci si evolvesse musicalmente, la gente continuerebbe ad ascoltare le vecchie produzioni, e allora non ci sarebbe motivo di dar vita a nulla di nuovo.
L’arte consiste nel reinventarsi ogni volta, nello spingersi ogni volta oltre i limiti precedentemente fissati. E noi siamo stati molto fortunati perché, dopo aver attraversato questa fase iniziale di shock, i nostri fans si sono ripresi e hanno iniziato ad apprezzare questi due nostri brani. E questo è davvero gratificante perché abbiamo dato il massimo per la realizzazione di quest’album, dalla musica, ai video, passando anche per la grafica. Vogliamo offrire al pubblico una via di fuga, un qualcosa in cui immergersi completamente per dimenticare il mondo esterno, una colonna sonora per un viaggio notturno in macchina.
Jack: Lo abbiamo fatto per i fans, ma anche per noi stessi. Noi siamo sempre in giro, sempre in tour, ed è importante per noi creare uno spettacolo quanto più diversificato possibile.
Siete stati parte della famiglia di Hopeless Records per moltissimi anni, ma qualche mese fa avete firmato un contratto con Fueled By Ramen. Come vi sentite e come è avvenuto questo cambiamento?
Jack: Non dirò che è un qualcosa che abbiamo sempre desiderato, ma sicuramente un’idea che ci ronza in testa da una vita. Abbiamo sempre adorato Fueled By Ramen, era l’etichetta che sognavamo già a tredici anni, quindi un po’ di tempo fa. Sapevamo che era adatta a noi, che prima o poi sarebbe diventata il nostro posto nel mondo, perché le band che ne compongono il roster, tra cui Fall Out Boy, Jim Class Heroes e Panic! At The Disco sono quelle con cui siamo cresciuti, quelle che abbiamo sempre idolatrato. È il posto in cui per anni abbiamo desiderato di essere, ma prima non era ancora il nostro momento. Adesso lo è, quindi eccoci qui.
Alex: Per altro, la cosa più bella è che è stata una decisione che abbiamo preso insieme. Il nostro contratto con la Hopeless Records è scaduto l’anno scorso, quindi abbiamo iniziato a valutare le varie opportunità. A loro piaceva il nostro modo di lavorare, a noi piaceva il modo in cui loro trattano gli artisti. Hanno un roster fantastico e credo sia dovuto al fatto che lasciano gli artisti liberi di definire la loro identità. Ed è importantissimo per noi, che siamo una band da quattordici anni ormai, avere un’etichetta che ci lasci seguire la direzione che noi stessi riteniamo più opportuna.
Jack: Quindi un anno e mezzo fa abbiamo fatto una chiacchierata con loro, gli abbiamo sottoposto le nostre idee e loro le hanno approvate, dicendoci che era esattamente quello che si aspettavano da noi. Avevamo la stessa visione delle cose.
Alla Bush Hall di Londra avete iniziato a suonare dei brani dai vostri primi album, come “The Beach” e “That Girl’s A Straight Up Hustler”, ma vi siete fermati dopo pochi secondi. Come mai non li avete inseriti nella setlist delle date successive?
Jack: È che non sappiamo più suonarle [ride, ma secondo me non scherza].
Alex: È stato tutto molto improvvisato, erano anni che non suonavamo quei pezzi quindi è stato un po’ strano. I motivi per cui non inseriamo brani così vecchi però sono due: il primo è che vogliamo sempre dar spazio a quelli più recenti, e il secondo è che, purtroppo, una buona parte del pubblico non li conosce. In quel caso si trattava di un secret show di 400 persone, sapevamo di dividere la Bush Hall con i nostri fans più accaniti che avrebbero sicuramente cantato e apprezzato.
Jack: Come abbiamo detto prima, abbiamo quattordici anni di esperienza alle spalle, ma al concerto ci sarà sempre chi ci ha scoperti un mese o una settimana prima ed è una cosa che dobbiamo prendere in considerazione.
Ho un’ultima domanda per voi, che mi è venuta in mente l’altro giorno mentre ascoltavo “Missing You”: cosa direste a qualcuno che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo?
Alex: Di continuare a cercarlo, spingersi oltre i limiti che ci si è imposti da soli. Quella canzone parla proprio di questo, di conoscere sé stessi. La vita ci porrà sempre di fronte a delle difficoltà, a volte non avremo idea di come superarle. Non tutto è semplice come vorremmo che fosse, ma bisogna rendersi conto che va bene anche così. Continuare a combattere, è questo che speriamo abbia voglia di fare chiunque ascolti quel brano.
Bene ragazzi, il mio lavoro qui è finito. Non vediamo l’ora di ascoltare “Last Young Renegade” nella sua integrità. Grazie mille per la disponibilità, speriamo di rivedervi presto!
Alex, Jack: Grazie mille a te per il tuo tempo, alla prossima!
Andrea Alexa Damanti