Andrea Ferro, Cristiano Mozzati (Lacuna Coil)

Ormai considerati da tempo il gruppo italiano più famoso all’estero, i Lacuna Coil sono pronti a presentare quello che dovrebbe essere il vero e proprio veicolo verso la loro consacrazione a superstar del rock.

12 marzo 2009

Sì, proprio del rock, non del metal, del gothic o di tutte quelle definizioni affibbiategli negli anni. Impossibile infatti ascoltare il nuovo lavoro senza capire che sarà quello che aumenterà, e non di poco, il loro pubblico. “Shallow Life” si muove infatti su coordinate molto varie, che definire esclusivamente metal sarebbe errato. Insomma, il gruppo milanese è maturato e in questa intervista ci tiene a metterlo in chiaro, li abbiamo incontrati orfani di Cristina, ma i ragazzi non si sono certo risparmiati…

Dopo aver ascoltato l’album, mi pare di capire che ormai l’etichetta di gruppo metal vi vada davvero stretta…
Assolutamente sì. Come avrai sentito è tutto molto curato, niente è stato lasciato al caso. La produzione è ottima, abbiamo lavorato con un team stupendo che ci ha aiutato davvero tanto. Anche il lavoro sulle voci è stato molto lungo ed impegnativo. Penso non si sia mai sentito così un disco dei Lacuna Coil e siamo molto contenti del risultato. Per chi ascolta metal, tra l’altro, noi non lo siamo mai stati. Non siamo mai stati considerati un gruppo metal a tutti gli effetti. In alcune canzoni questo lato è più evidente che in alte, ma nei nostri dischi non ti aspetti certo la cavalcata alla Iron Maiden o il pezzo simil Slayer! Non è mai stato così! Facciamo rock in una delle sue tante sfaccettature.

Avete parlato della produzione. Per questo lavoro vi siete affidati a Don Gilmore, un produttore molto esperto, ma un po’ lontano dai vostri standard.
Detto sinceramente ci siamo trovati benissimo sia a livello umano che lavorativo. Con Waldemar abbiamo lavorato in modo fantastico, ci ha cresciuto, non sapevamo nemmeno cosa volesse dire lavorare in uno studio di registrazione e per questo gli saremo riconoscenti a vita. Questa volta, però, volevamo fare qualcosa di diverso e Don è stato eccezionale. Abbiamo sempre voglia di imparare qualcosa di nuovo.

Che sensazione vi da iniziare a fare le interviste separate? Quando ci si divide per le interviste vuol dire che si è diventati davvero importanti…
Be’ hai ragione, anche se a dir la verità gli impegni erano già aumentati per il disco precedente, ma qui parliamo davvero di un altro livello. Il fatto è che ora che ci distribuisce la Emi puoi immaginare in quanti paesi sarà distribuito l’album e di conseguenza avremo interviste persino per paesi come l’India! Inoltre, fin’ora a livello di critica ha avuto grandi riscontri e questo non può che aiutare. In America in questo momento nemmeno lo stiamo promuovendo perché saremo lì a breve e ce ne occuperemo direttamente sul luogo.

Come vivete oggi il fatto di avere una bellissima presenza come Cristina? Lo vedete come un aiuto, una difficoltà, o cosa?
Guarda, Cristina è un vero maschiaccio, stando insieme per mesi, 24 ore su 24 se non stessimo bene dureremmo davvero poco. Ormai ci conosciamo tutti come noi stessi e nessuno di noi pensa mai a lei come la ragazza da copertina. Penso che ormai nessuno possa più pensare che facciamo successo
perché la cantante è una bella ragazza! Sicuramente a livello di immagine è stato un aiuto, ma è riduttivo qualsiasi discorso di questo tipo.

Avete sentito particolari pressioni o ve ne siete create voi stessi nel comporre l’album?
No pressioni direi di no. Più che altro dopo due album di successo come quelli da cui arrivavamo l’unica pressione poteva essere dovuta al fatto di voler dimostrare di poter fare ancora di meglio! In questo senso dobbiamo ringraziare la casa discografica per non averci fatto assolutamente pesare nulla. Paradossalmente abbiamo avuto più pressioni per Karmacode, dopo il primo album di successo. Ora c’è più sicurezza e consapevolezza nei nostri mezzi.

Cosa vi potete permettere ora quindi che una volta non potevate assolutamente fare?
Molto, moltissimo. Ora come ora possiamo prendere, assimilare un po’ tutte le influenze che troviamo in giro per il mondo e farne qualcosa di nostro, provare a vedere come si sposa con il nostro sound. Certo non potremmo mai fare un pezzo reggae o tecno, anche perché siamo i primi a non esserne interessati, ma non abbiamo più paura di provare  a vedere come funziona un certo tipo di sonorità.

Nell’insieme delle cose che vi siete potuti permettere c’è anche l’aver potuto registrare in California.
Sì, questa volta non avevamo problemi di budget e abbiamo potuto scegliere un produttore più mainstream, uno studio della madonna e tutto il meglio per la registrazione di un disco. Ci siamo detti: “Visto che possiamo farlo, facciamolo!!”

Dal ’98 al 2002 non vi siete mai fermati, registrando in pratica un album dietro l’altro. Dopo, per forza di cose, avete iniziato a registrarne uno ogni 3, 4 anni. E’ un bene avere più tempo per registrare un disco?
In realtà il tempo è sempre lo stesso, solo che sono aumentate le date dei tour, che sono durati anche anni dopo gli ultimi dischi. Per rispondere comunque alla tua domanda, ti diremo che far uscire un album all’anno non pensiamo sia sinonimo di ispirazione senza fine. Siamo sicuri che ognuno di questi album avrebbe la stessa carica, la stessa energia? Non si può avere lo stesso livello di ispirazione ogni giorno della propria vita. O meglio, si può, ma gli artisti di questo tipo non arrivano a completare le dita di una mano…

Luca Garrò

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