Per chi scrive, i Bleeding Through sono una delle poche band metalcore che hanno “ragione di esistere”: indipendentemente dalla qualità dei brani (confermata anche nel nuovo “Declaration”), il combo di Orange County ha sempre dimostrato di saper spaziare a vari generi, strizzando l’occhio anche a movimenti, come il black sinfonico, prettamente europei.
Incontriamo Brian Leppke, chitarrista della band, per discutere del nuovo disco e di tante altre cose. Buona lettura.
Ci racconti qualcosa riguardo al vostro ultimo album, “Declaration”, e al concept sul quale è costruito?
È il miglior disco che abbiamo prodotto da tempo: qualsiasi dettaglio, i riff, la batteria, le linee vocali e la produzione sono superiori rispetto ai nostri precedenti album. Riguardo al concept, è una raccolta di tutti i sentimenti che sono usciti girando per il mondo negli ultimi otto anni.
Come è stato lavorare con Devin Townsend?
Devin è un genio: tutte le fasi di produzione sono state pianificate alla perfezione, rendendo le vite di ognuno più semplici. Tutte le sue soluzioni si sono rivelate valide e, pur avendoci lasciato ampia libertà alla nostra creatività, ha contribuito con delle idee pazze!
“Declaration” suona molto pesante: pur essendo un disco metalcore, troviamo molte più influenze rispetto a prima. Questa è una naturale evoluzione della vostra musica o avete pianificato il fatto di voler fare qualcosa di più veloce e pesante?
Noi suoniamo praticamente quello che ci piace e, se un componente non gradiva alcune parti, abbiamo sempre cercato di venirci incontro: ecco, così è nato il disco. Non credo che i Bleeding Through vogliano suonare sempre in un certo modo, non vogliamo essere il tipo di band che compone lo stesso disco come altre band. Semplicemente vogliamo avere una nostra identità e un nostro sound.
Quali sono i progetti per la promozione di “Declaration” nei prossimi mesi?
Saremo in Europa e nel Regno Unito tra novembre e dicembre con i Bullet for my Valentine (e gli italiani Lacuna Coil, ndr), per poi fare quattro show in Russia a dicembre. Successivamente, a gennaio saremo in Australia e poi torneremo negli Stati Uniti per un tour tra febbraio e marzo.. questo è tutto quello che è “scolpito nella pietra” in questo momento.
Questo è il vostro album con Jona Weinhofen (ex chitarrista degli I Killed the Prom Queen). Come siete entrati in contatto con lui e quale è stato il suo apporto in questo disco?
Siamo stati in tour in Europa con gli I Killed the Prom Queen, e tutto è nato da una coincidenza: i loro problemi di lineup sono arrivati, quasi sincronizzati, con l’abbandono del nostro vecchio chitarrista. Anche se i principali songwriter restiamo io e Brandan (Schieppati, cantante, ndr), Jona ha aggiunto delle belle armonie in alcune parti e anche in pezzi interi. È stato un po’ come togliersi dalle spalle una grossa parte del peso, cosa che non ci dispiace.
Alcuni mesi fa avete rilasciato dei comunicati ufficiali riguardo ai vostri problemi con la Trustkill Records. Cosa è successo, di preciso? E perché avete scelto la Nuclear Blast per la distribuzione del disco in Europa?
Beh, avevamo già da tempo il presentimento di alcune brutte cose riguardo alle azioni e alle decisioni da parte dell’etichetta nei nostri confronti: ci han sempre visto come una band alla quale non piace lavorare sodo, quando invece ci sbattiamo. Per questa ragione abbiamo deciso di sfogarci un po’. La Nuclear Blast è stata un’ottima scelta per questo tipo di disco, sia per il fatto che ci assicura una capillare distribuzione in Europa, ma soprattutto perché una label come questa saprà lavorare al meglio nella promozione di un disco metal. Questo disguido con la Trustkill non comprometterà, però, la data di uscita negli Stati Uniti, confermata per il 30 settembre.
Alcuni componenti dei Bleeding Through hanno deciso di seguire la filosofia di vita Straight Edge. Quali sono le ragioni che vi hanno convinto a seguirla?
Tutta la nostra band è Straight Edge, è una cosa che tutti noi stanno seguendo da molto tempo (anche da più di dieci anni), al punto che ormai non ci pensiamo più, la seguiamo e basta. Sicuramente, l’essere Straight Edge ci aiuta a rendere i tour più facili e non è più necessario che qualcuno faccia da babysitter agli altri. Questo non è un messaggio che, forzatamente, vogliamo che ognuno segua, non ne parliamo a riguardo sulle nostre canzoni e molti dei nostri amici non lo sono: è semplicemente una scelta personale.
Quest’estate siete stati in Italia con i 36 Crazyfists e i Trowdown.. come è stato questo tour? Cosa ne pensate dei fan italiani?
Molto bello, andare in tour con amici di vecchia data come i Trowdown è stato bellissimo, e i 36 Crazyfists si sono rivelati una grande band. Riguardo al pubblico italiano, credo che ogni band in Italia si trovi bene e faccia dei grandi show.
L’ultima domanda è sulla cover del disco, con un’aquila che ricorda molto quella presente nel disco “Death to Tyrants” dei Sick of It All. Questa scelta è stata un personale tributo alla band o una coincidenza?
Un puro caso. I Sick of It All sono tuttora una band importante per i componenti della band cresciuti nella scena hardcore, sono in giro da tanto tempo e sono ancora qui a spaccare i culi. Indipendentemente dal nostro sound attuale, penso che tutte le band che abbiamo sentito nel corso degli anni, inconsciamente, siano entrate a far parte della nostra musica.. penso che ci sia ancora una tendenza hardcore in ognuno di noi.
Nicola Lucchetta