Charles Aznavour (Press Conference)

Per Paolo Conte è il cantante perfetto. Nel mondo, Charles Aznavour è il cantante francese più famoso di sempre. Che dopo 26 anni di attesa riporterà la sua inimitabile voce in Italia, per un tour di sei date; prima tappa il 30 ottobre, al Teatro Regio di Parma.

 

9 ottobre 2009

Prima della british invasion, prima dei Beatles, prima di Elvis e del rock’n’roll, c’era lui. Armeno d’origine, francese di nascita, Aznavour è stata una delle prime ‘popstar’ nella storia, addirittura prima della nascita del concetto stesso di ‘pop music’. Paradossale, come la sua figura: sguardo intenso, bassa statura, voce in grado di estendersi fra gravi e acuti come se nulla fosse, arrochita dal freddo degli inverni passati in bicicletta a consegnare giornali a Parigi, durante la seconda guerra mondiale. Icona prima della chanson francese e poi della musica tutta. Difficile non provare un senso di soggezione di fronte a lui, anche se in realtà sei seduto in mezzo a un centinaio di giornalisti accorsi da tutta Italia.

L’occasione è di quelle grosse. Dal 1983 l’artista non si esibiva in Italia, oggi finalmente ritorna, nell’ambito del suo, interminabile ‘Farewell Tour’, iniziato nell’autunno del 2006 e che si concluderà, probabilmente, verso la fine del 2010. Una conclusione sontuosa per una carriera incredibile.

Oggi Charles ha 85 anni, ma non ha perso una stilla del suo carisma e della sua prontezza mentale, della sua ironia: “In realtà amo l’Italia, se non esistessero le vostre calzature preferirei camminare scalzo. Manco da tanto nel vostro paese per vari motivi: perché canto in tutto il mondo, e da quando Giorgio Calabrese si è rivolto alla televisione non ho più avuto occasione di collaborare con lui; perché ho degli obblighi diplomatici che m’impediscono di fare solo il cantante, e proprio per questo motivo non ho potuto partecipare al premio Tenco”.

Già, l’Italia. Com’è cambiata in tutti questi anni? “Sono appena arrivato, non posso ancora dare un giudizio profondo. Esteriormente Milano è molto diversa, certo: i negozi, i ristoranti…per fortuna il mio ristorante preferito, il Conte Ugolino, c’è sempre. Così posso mangiare il mio piatto preferito, pasta e fagioli. Neppure il vino è cambiato; da buon ‘epicureo’ queste cose le ritengo importanti. In ogni caso, di primo acchito mi sembra che gli italiani non siano cambiati; e le loro qualità si riscontrano nei loro difetti”.

Ovviamente il fulcro della conferenza rimane la questione musicale: “In questo tour non porterò nuove canzoni scritte in italiano. Purtroppo da molto tempo non lavoro più con autori italiani, come Mogol, Sergio Bardotti e lo stesso Calabrese. In ogni caso sono già impegnato a ristudiarmi i miei vecchi pezzi, non ho più la memoria di un tempo. E poi è passato talmente tanto tempo che i miei vecchi pezzi sembreranno nuovi. Ci sono però due brani che non ho mai dimenticato: “Buon Anniversario” e “Com’è Triste Venezia”, anche se quest’ultima ha riscosso più successo nella sua versione in spagnolo: in America Latina, soprattutto, è stato un successo clamoroso. A Cuba ho visitato una fabbrica di sigari: al mio arrivo, un centinaio di operai hanno smesso di lavorare e me l’hanno cantata in coro. La sapevano a memoria. Sono rimasto davvero impressionato. In ogni caso posso anticipare che in questo tour la scaletta sarà, grossomodo, la medesima in ogni data, e che canterò fra le sei e le otto canzoni in italiano, una in inglese, una in spagnolo e il resto in francese. Non so ancora quali. Di sicuro l’entusiasmo è sempre lo stesso, non svanisce con gli anni, anzi nel mio caso sembra quasi che aumenti.”

“Non conosco la canzone italiana attuale. Certo, oggi tutto è diverso, sia in Italia sia in Francia. Una volta c’erano moltissimi artisti italiani e francesi noti in tutto il mondo, e che giravano tutto il mondo. Oggi…probabilmente in Francia sono rimasto solo io, in Italia…so che Massimo Ranieri canterà all’Olympia, ma per il resto non saprei davvero. Posso dire di sentirmi vicino ai cantautori, sono quelli che stimo di più, e tra questi anche Paolo Conte, anche se non l’ho mai conosciuto. Poi c’è stato Charles Trenet, il cantante che più mi ha influenzato la carriera. E, al di là di Francia e Italia, nutro molta stima per Bob Dylan: venne a vedermi in concerto tantissimi anni fa, ma non ebbe il coraggio di presentarsi. La cosa incredibile è che ci siamo conosciuti molto tempo dopo e ci siamo abbracciati come se fossimo vecchi amici, in un abbraccio quasi fraterno”.

C’è anche tempo per un chiarimento sul suo ultimo album di duetti, “Duos”, in cui Charles canta assieme ad artisti come Brian Ferry, Sting, Paul Anka, Celine Dion, Placido Domingo, Liza Minnelli, Laura Pausini, Elton John, Carole King, ecc: “Non è vero che si è trattato di duetti a distanza, tutti i cantanti con i quali ho duettato sono venuti da me in carne ed ossa”.

Poi, un esame più attento sui temi delle sue composizioni, e sul rapporto fra la sua carriera di cantante e quella di attore: “E’ vero, molti dei miei brani hanno come tema l’amore; e siccome l’amore è senza confini, ne canto anche il lato sgradevole, terribile, quello che finisce e che provoca dolore. Infatti, ho scritto pezzi come “Vattene” e come “Io bevo”, una delle canzoni preferite di Harvey Keitel. Per me è assurdo limitarsi a dire ‘io ti amo, tu mi ami’ e cose del genere, è troppo riduttivo. Però ho anche parlato d’altro, di temi sociali. Tuttavia, cercando sempre di non offendere nessuno con le mie parole: così ho fatto, ad esempio, per “Comme ils disent” (Quel che si dice), un pezzo che parlava di omosessualità nel 1972, quando il tema era molto più tabù di oggi; in quel pezzo non ho mai pronunciato la parola ‘omosessuale’, anche se il mio intento era proprio quello di aiutare le persone omosessuali. Bene, sembra che abbia funzionato, e sono molto soddisfatto di questo”.

“La mia esperienza d’attore mi è stata molto utile anche per la mia carriera di cantante. Ho avuto successo nel cinema nonostante la stampa dicesse che non avevo il fisico adatto e la mia voce era terribile e fastidiosa. Ho lavorato con il meglio del cinema francese, ma per me l’incontro fondamentale è stato quello con Truffaut. Ci accomunava la grande timidezza. Prima di recitare in ‘Tirate sul pianista’ ho letto il libro dal quale è stato tratto (‘Down There’ di David Goodis), poi ho deciso di partecipare. Ma abbiamo girato quasi tutto in silenzio. In ogni caso, preferisco cantare piuttosto che recitare, mi sento più a mio agio come cantante”.

 

Insomma, un Aznavour disponibilissimo e in grado di affrontare con classe ed eleganza il fuoco di domande al quale è sottoposto. Tranne quando si tocca il tasto della politica. Anche se, anche a causa dei suoi numerosi impegni diplomatici (quest’anno è stato nominato dal presidente armeno Ambasciatore della Repubblica dell’Armenia in Svizzera, sua attuale residenza) e di carattere umanitario, è piuttosto naturale che l’argomento venga a galla: “Non voglio parlare di politica, non perché la consideri uno squallido teatrino o qualcosa di sporco, semplicemente perché ho l’umiltà di riconoscere che non ne capisco nulla e che non è proprio il mio campo”. Il tono è simile anche quando gli viene chiesto un suo parere sul Nobel per la pace appena ricevuto da Obama: “Spero solo che la pace riesca a portarla davvero”. Molto diplomatico, per non dire reticente. Il buon Charles viene soprannominato l’Istrione, da un suo celebre brano, ma fosse stato romano lo si direbbe ‘piacione’: la volontà di piacere, di essere amato da tutti e di evitare questioni troppo calde è evidente.

Anche quando scatta la fatidica domanda su cosa pensa di Berlusconi: “Lo conoscevo quando cantava sulle navi da crociera, da quando si è messo a far politica non più. Cosa posso dire di lui? Non può non piacermi: canta le mie canzoni e apprezza la buona musica, ha una bellissima collezione di quadri nella sua villa, parla bene il francese, ha pure una produzione personale di buon vino, del quale in passato mi ha fatto dono (200 bottiglie)…insomma, che altro dire? Non mi pronuncio sul Berlusconi politico. Non è affar mio, è affar vostro. Al massimo posso dire che fa molta pubblicità all’Italia”. Con queste doti di diplomazia, siamo sicuri che il suo lavoro di ambasciatore lo svolgerà ottimamente, con grande abilità.

Piccola postilla: Paolo Conte si è già accreditato un posto in platea nella sua data di Milano, il 3 novembre, al Teatro degli Arcimboldi. Finalmente potranno conoscersi di persona. Un incontro fra giganti, a dispetto della statura fisica.

Stefano Masnaghetti

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