Corpo a corpo con i Super Elastic Bubble Plastic

Gianni Morandini ci racconta il nuovo approccio alla vita di Chances, il terzo album autoprodotto

Come in un film di Kusturica, in una notte buia apparve un asino sulla loro via. Animale dignitoso e di poche parole che col suo sguardo li incantò, divenne il simbolo dei mantovani Super Elastic Bubble Plastic. Gionata Mirai (voce, chitarra), Gianni Morandini (basso), Alessio Capra (batteria). Tre corpi che si fondono nel loro essere qui ed ora, presenti nel loro suono, esposti alle intemperie con apertura infinitamente rinnovata, in un’estensione armonica plasmata con anima e sangue, con libertà materiale di tinte, toni e luce. Sono i corpi i luoghi dell’esistenza con le opportunità che la vita offre ad ogni personaggio di cui ci raccontano nel loro terzo album, fatto completamente da sè. Ed è dai corpi che la politica deve ricominciare…

Gianni, parlaci del significato che Chances ha per voi.
“Questo disco è un obiettivo raggiunto e solo il farlo è stato molto importante perchè è stato la soluzione ad un periodo di crisi nel gruppo. Lo sentivamo e ci siamo spinti a fare nuove canzoni, migliori di quelle di Small Rooms. Realizzare Chances è stato terapeutico e stiamo tutti meglio. Ora si tratta di  concretizzarlo dal vivo, soprattutto questo che contiene tante cose fatte in studio. E’ come se dovessimo imparare le canzoni da capo.”

Cosa vi mancava negli altri album?
“Nel primo era diverso il genere. Nel secondo e nel terzo abbiamo smesso i panni Rock’n’Roll per fare qualcosa di più ostico e legato all’hardcore e all’indie americano. Nel primo disco le canzoni erano più semplici, ma vi era grande energia e questo ha colpito la critica. Nel secondo c’erano già canzoni rinnovate, ma mancava energia. Ci eravamo un po’ seduti, non so bene come, forse eravamo entrati troppo presto in studio, mentre avremmo dovuto aspettare. E così ne era uscito un disco un po’ timido. Chances prende il meglio dei precedenti… Più si va avanti più si riesce a esprimersi meglio.”

In Chances l’approccio alla vita è più maturo e non emerge più quella voglia di spaccare tutto…

“Già, a 30 anni pensi alle cose serie, al lavoro, alla famiglia e le riflessioni che si fanno vengono fuori. Anche la politica viene affrontata in una maniera diversa. Nel primo disco c’era qualche canzone politica diretta, mentre ora è una tematica che viene inglobata in discorsi più ampi, legati alla vita di tutti i giorni. Young Shark è l’esempio tipico di un testo politico senza parlare di personaggi politici, ma di come si vive nella società. Il brano parla di come a 30 anni ci si possa trovare a essere un’altra persona rispetto a quella che si era, a causa della scalata verso il successo. Ma bisogna capire che, anche senza trasformarsi in uno squalo, si possono avere tutte queste cose. I bravi capi sono coloro che trattano le persone come esseri umani e sanno valorizzarle. Le persone non sono macchine e non vanno trattate come tali. Non siamo ingranaggi.”

Spesso ci si lamenta di come va la società, senza capire che pure l’azione più banale di ognuno di noi ha un effetto sull’universo.
“Sì, ci si aspetta che basti lamentarsi affinchè qualcuno faccia le cose e risolva tutto. E invece siamo noi a doverle risolvere. La democrazia è questo. Si parla di problemi per creare una coscienza collettiva e poi ogni singolo deve agire. Riguardo alle lamentele nel campo musicale, credo che in Italia il mercato non sia così grande da potersi fare vedere da abbastanza persone, per vivere di musica.”

Com’è stata l’esperienza dell’autoproduzione?
“Decisamente positiva. Sai, eravamo quasi spaventati per il fatto di doverci trovare un produttore. L’unico a cui pensavamo era Giulio Favero, ma non volevamo diventasse un marchio. Allora Gionata disse che se la cavava bene coi suoni sul mixer e abbiamo provato. In questo modo siamo stati più sereni, solo noi tre, con più tempo e più voglia di andare in studio, per sperimentare con i macchinari e infine dicendo “Questo lo fatto io!”. Spero si ripeterà in futuro, a Gionata piacerebbe farlo, secondo me è bravo. E’ un grande osservatore. Ha guardato come facevano gli altri e ha  memorizzato tutto.”

Dal momento che nell’intervista che vi feci per Small Rooms vi chiedevo che cibo potevano essere i Super Elastic Bubble Plastic… Ora, che medicina potreste essere?
“Hai presente il libro Mondo Nuovo di Huxley? Si parla di una società utopica simile alla nostra attuale. Viene distribuita a tutti una medicina che si chiama Soma, che in greco significa corpo. Se sei giù ti tira su e se sei sovreccitato ti rilassa. Ecco, Chances, potrebbe essere come la Soma. Il disco si chiude infatti con una canzone positiva, prendendo atto della vita e trovando la forza di tenersi strette le cose buone per andare avanti.”

Corpi su corpi. Corpi che si penetrano, si abbracciano, si respirano, si amano, si elevano. Corpi che si moltiplicano. Come giungere a toccare il corpo, invece di significarlo e farlo significare? I Super Elastic ci riescono raggiungendo con la musica il non luogo dello spirito che concentra ciò che la ferita sanguina. E alla fine rimane solo il suono del silenzio… un fischio.

www.myspace.com/superelasticbubbleplastic

Videopresentazione di Chances su Youtube
http://www.youtube.com/watch?v=N6lzZGUty8M&feature=related

Melissa Mattiussi

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